Il 2015 è stato un anno importante per la cristianità.

Dal 19 aprile al 24 giugno 2015 infatti, i fedeli hanno potuto beneficiare di un evento atteso da anni.

L’ostensione della Santa Sindone, la reliquia più preziosa e venerata di tutto l’Occidente.

Il sacro telo, che secondo la tradizione sarebbe il sudario di Cristo, ha attirato nella città di Torino centinaia di migliaia di visitatori da ogni parte del mondo.

Dopo aver prenotato la visita ed aver affrontato una coda chilometrica, i pellegrini hanno potuto contemplare per qualche minuto a testa uno dei più grandi misteri irrisolti della nostra storia.

Infatti, al di là dell’indubbio significato religioso della reliquia, e al di là dell’importanza che essa ha nel contesto della tradizione cattolica, la Sacra Sindone è anche e soprattutto un grande enigma, ancora tutto da chiarire.

Ma che cos’è la Sindone?

Tecnicamente la Sindone (dal greco Sindon, ossia lenzuolo) è una tela di lino spigato (tessuto cioè a spina di pesce) di 4,36 metri di lunghezza per 1,10 di altezza.

Il suo colore originario era bianco, ma il passare del tempo e le numerose vicissitudini l’hanno ingiallita vistosamente.

Alcuni punti del manufatto risultano danneggiati; si possono contare infatti ben 12 buchi (in parte rattoppati), molte bruciature, e perfino macchie d’acqua, molto probabilmente causate dalle secchiate gettate per spegnere il fuoco che avviluppò il telo durante un incendio.

Ma l’elemento più importante è rappresentato dalle macchie rossastre distribuite per tutta la sua lunghezza.

Guardando con attenzione, queste macchie assumono l’aspetto di un corpo umano di m. 1,80 disteso con le mani in grembo.

Secondo l’interpretazione corrente questa figura riporterebbe i segni della Passione di Cristo così come sono descritti nei Vangeli canonici.

Si intravedono i segni dei chiodi nelle mani e nei piedi, la ferita al costato, i segni della flagellazione e quelli lasciati dalla corona di spine intorno alla testa.

La presenza della reliquia è documentata storicamente solo a partire dal basso medioevo. Prima di allora le sue traversie sono incerte e avvolte in gran parte dalla leggenda.

I vangeli apocrifi la citano appena, mentre in quelli canonici invece non ve ne è proprio traccia.

Nel V secolo si ha notizia di un sudario di lino conservato nella basilica di Santa Maria di Blachernes a Costantinopoli.

Nel X secolo la tela si trova a Edessa, nella Turchia meridionale. Nel 944 questa città viene invasa dai bizantini che si appropriano del lenzuolo riportandolo a Costantinopoli dove rimane fino al 1204, data in cui la città viene riconquistata dai crociati.

Da questo momento, per oltre un secolo e mezzo, nessuna fonte attendibile può rivelarci il destino della reliquia, che riappare in piena Europa nel XV secolo quando viene in possesso (forse per una questione di successione ereditaria) del cavaliere francese Goffredo I di Charny il quale ne fa dono ai canonici di Lerey nell’anno 1353.

Nel 1453 Margherita di Charny cede il sacro lenzuolo ai Savoia e da quel momento esso diventa parte integrante del patrimonio di questa nobile casata.

Nel 1532 la Sindone viene esposta alla pubblica venerazione nella città di Chambery e proprio in quell’anno il lenzuolo rimane gravemente danneggiato a causa di un violento incendio.

I segni di quell’evento sono ancora visibili, così come i rammendi operati dalle monache clarisse francesi nel tentativo di restaurare la reliquia scampata per miracolo alla distruzione.

Nel 1578 Emanuele Filiberto da ordine di trasferire il lenzuolo a Torino, ufficialmente per consentire a San Carlo Borromeo di effettuare con più facilità un pellegrinaggio alla reliquia, in realtà per accreditare ulteriormente la città di Torino come nuova capitale dello stato sabaudo.

La Sindone viene dapprima conservata nella chiesa di San Francesco, poi presso Palazzo Reale e, infine, nel Duomo, dove si trova ancora oggi.

Nel 1983 l’ex re d’Italia Umberto II di Savoia dona il sacro lino al Vaticano.

A questo punto la domanda sorge spontanea: come si è formata l’immagine sulla Sindone?

Fino alla fine del XIX secolo la Sindone era sì una reliquia venerata, ma non era ancora considerata un vero e proprio enigma.

Si pensava che l’impronta umana fosse stata causata semplicemente dall’azione del sangue fuoriuscito dal corpo martoriato di Gesù che aveva imbevuto il telo di lino segnandolo indelebilmente.

La peculiarità del manufatto, dal punto di vista tecnico, si fermava lì.

Ma nel 1898 in occasione dell’esposizione generale di arte sacra fu scattata una fotografia alla Sindone che lasciò tutti stupefatti.

Il negativo dell’istantanea infatti, mostrava particolari molto più precisi e definiti rispetto alla visione “in positivo” del telo, mettendone in evidenza la straordinaria tridimensionalità dell’immagine impressa sulla Sindone.

E’ opinione concorde di tutti che questa tridimensionalità ha un che di straordinario e non può dipendere solamente dall’azione colorante del sangue.

Ma allora cosa può aver formato quell’immagine?

Gli studiosi non sono tutti concordi. C’è chi ipotizza l’azione di radiazioni anomale provenienti dal corpo del Cristo (radiazioni la cui natura è tutta da dimostrare) capaci di procedere in senso parallelo anziché muoversi in tutte le direzioni.

C’è chi fa notare come l’immagine non sia in realtà un negativo di tipo fotografico, ma un negativo magnetico in quanto si può notare l’inversione dei colori e non dell’immagine (diversamente dalla fotografia che non inverte solo i colori ma anche le posizioni).

Tuttavia la maggior parte degli esperti è propensa a credere ad uno straordinario effetto causato dall’azione congiunta del sangue fuoriuscito dalle ferite e degli oli utilizzati all’epoca di Cristo per profumare i cadaveri prima della sepoltura. Una sorta di evaporazione cadaverica coadiuvata da sostanze quali l’aloe e la mirra, che avrebbero fissato sulla tela l’immagine in negativo del corpo.

Un’altra ipotesi infine, prende in considerazione il processo di degenerazione della cellulosa che compone le fibrille di lino dei fili della tela.

Nonostante le numerose teorie però, la verità è che la scienza brancola ancora nel buio a proposito della Sindone.

Non è così per i fedeli i quali non hanno dubbi a proposito: la Sindone è il frutto di un miracolo divino.

Non potendo stabilire con precisione le modalità con cui l’immagine si è fissata sul telo, gli scienziati hanno tentato di stabilire almeno se la reliquia può essere considerata contemporanea all’epoca di Cristo.

Per fare questo gli esperti si sono avvalsi di due metodi solitamente utilizzati per le indagini archeologiche: l’analisi paleobotanica e la datazione con il carbonio 14.

Si sono riscontrati così sul tessuto la presenza di diversi tipi di polline, alcuni provenienti con ogni probabilità dal Medio Oriente.

In particolare si sono individuati pollini di piante che crescono in Palestina, in Turchia, e in Francia, tutti paesi che secondo la tradizione e la storia hanno ospitato per un certo periodo il sacro lino.

Per quanto riguarda invece la verifica con il metodo del carbonio 14, si è proceduto con il taglio di un lembo del tessuto sindonico (circa sette centimetri) che è stato a sua volta tagliato in tre parti, ciascuna delle quali affidata a tre diversi laboratori di analisi di tre differenti Paesi: l’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo, un laboratorio di Tucson (Arizona), e il laboratorio dell’università di Oxford.

Il responso dei tre laboratori ha lasciato di stucco la comunità cattolica.

Secondo i dati forniti dall’analisi infatti, il lenzuolo di lino risalirebbe ad una data compresa tra il 1260 e il 1390.

Probabilmente quindi, si tratta di un abile falso realizzato in pieno medioevo.

Ma come sono riusciti a quell’epoca a realizzare un simile prodigio?

Ci fu chi teorizzò l’utilizzo di uno speciale bassorilievo riscaldato e impresso a caldo sul lino e chi, invece, si dice convinto che la Sindone altro non è che un dipinto realizzato da un abile artista (qualcuno fece anche il nome di Leonardo Da Vinci).

Ma queste ipotesi non si dimostrarono molto convincenti e oggi anche gli studiosi più scettici tendono ad escluderle.

Innanzi tutto non sono stati rilevati pigmenti colorati sul tessuto, mentre invece è più che mai attestata la presenza di sangue del gruppo AB.

Poi, per quanto i test col radiocarbonio siano stati sicuramente eseguiti in buona fede, vi è da considerare che questa tecnica non è del tutto affidabile.

Il tessuto della Sindone infatti, ha subito come abbiamo visto molte traversie, a volte veri e propri shock ambientali, che ne hanno sicuramente alterato la struttura.

L’incendio di Chambery è stato determinante in questo senso.

L’attenzione perciò si concentra ancora una volta sull’immagine impressa nella tela.

Se ammettiamo per un momento l’ipotesi che la Sindone sia di origine medievale sorge giocoforza un altro interrogativo.

Chi raffigura?

Alcuni sono arrivati ad affermare che l’uomo della Sindone non è altri che Jacques de Molay, ossia l’ultimo Gran Maestro dell’ordine dei Templari, che fu condannato a morte dal re di Francia Filippo il Bello nel 1314.

De Molay amava identificarsi con Cristo anche fisicamente e per questo era solito portare barba e capelli lunghi.

Inoltre il Gran maestro avrebbe subito le stesse torture patite da Gesù prima di venire arso sul rogo.

I soldati francesi lo avrebbero crocifisso, flagellato e gli avrebbero imposto la corona di spine.

Infine, prima di dare fuoco al suo corpo, lo avrebbero deposto sul telo in preda all’agonia e qui miracolosamente la sua immagine sarebbe rimasta impressa sul lino.

La Chiesa si sarebbe impossessata così, dell’immagine di un uomo all’epoca considerato eretico per trasformare quel lenzuolo in un’icona di Cristo.

Concludiamo ricordando quel famoso buco di 150 anni, dal 1204 al 1353, in cui della Sindone si persero le tracce.

Si potrebbe ipotizzare che la “vera” Sindone sia effettivamente andata perduta in quel periodo e che il telo attuale sia una riproduzione medievale.

 

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