La corsa al nostro satellite ebbe inizio nel maggio 1961 quando John F. Kennedy, allora presidente degli Stati Uniti, al cospetto del Congresso dichiarò: “Manderemo, entro il decennio, un uomo sulla Luna e lo faremo ritornare sulla Terra sano e salvo”.

La Guerra Fredda era al suo culmine e la NASA, l’ente spaziale americano, rappresentava una delle principali pedine in gioco.

Ma fu l’Unione Sovietica a fare i primi passi nella conquista dello spazio.

Il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin, a bordo della Vodstok 1, fu il primo uomo a raggiungere un altezza di 327 chilometri, e due anni dopo fu la volta della prima donna cosmonauta.

Gli Stati Uniti raggiunsero il loro primo successo a poco meno di un anno dal discorso di Kennedy, quando John Gleen divenne il primo americano ad orbitare attorno alla Terra.

Ma il trionfo si tramutò in tragedia nel gennaio 1967, quando l’Apollo 1 esplose durante le prove, uccidendo i tre astronauti  a bordo.

L’incidente, ed alcuni ripensamenti, portarono molti esponenti della NASA a ritenere che la scadenza fissata dal Presidente non si sarebbe potuta rispettare.

Fu proprio a causa della necessità di adempiere alla promessa di Kennedy che, per molti, si innescò una delle maggiori cospirazioni ordite dal governo americano.

NASA e DIA (Defence Intelligence Agency), lavorarono spalla a spalla nel falsificare l’allunaggio dell’Apollo 11.

Un razzo Saturno 5, senza equipaggio a bordo, venne effettivamente lanciato, ma ricadde prontamente a terra fuori dallo sguardo indiscreto della gente, per la precisione nel sud dell’Atlantico dove giacciono tutti i vettori utilizzati nei vari anni.

La NASA approntò inoltre un finto paesaggio lunare in una base sotterranea del Nevada.

Nel frattempo, gli astronauti e il Controllo Missione presero parte ad una messinscena meticolosamente orchestrata per ingannare il pubblico (specialmente i russi) e far loro credere che erano veramente scesi sulla Luna.

Furono prodotte false fotografie e numerosi filmati e il rientro degli astronauti sulla Terra fu inscenato lasciando cadere in mare una finta capsula da un aereo militare.

Gli astronauti, in parte, furono sottoposti al lavaggio del cervello per garantire la loro cooperazione nella farsa.

A sostegno di questa tesi cospiratoria, vi sarebbero le numerose foto scattate dagli astronauti in cui però non appare nessuna stella contro il cielo nero, anche se la NASA risponde che la ragione per cui non si vedono le stelle è perché le macchine fotografiche non erano dotate di un’esposizione adatta.

Vi è anche da dire però, che nessuna foto si sarebbe potuta scattare sulla Luna, anche se gli astronauti vi fossero realmente stati, perché le temperature lunari sarebbero troppo elevate e le pellicole non avrebbero potuto resistere senza protezione.

Altri motivi per cui sarebbe stato impossibile agli USA recarsi sulla Luna, sono la cintura di Van Allen, che avrebbe arrostito gli astronauti, e le micrometeoriti, che avrebbero danneggiato irreparabilmente la capsula una volta uscita dall’atmosfera terrestre.

Secondo alcuni fautori della teoria del complotto, la NASA realizzò che non sarebbe stato possibile inviare uomini sulla Luna già nel 1959, quando venne al corrente di uno studio condotto dai russi il quale concludeva che gli astronauti per sopravvivere a causa delle radiazioni, avrebbero dovuto indossare tute in piombo spesse oltre il metro.

Indagini analoghe della NASA sarebbero giunte alle stesse conclusioni, oltre ad aggiungere che la temperatura di 120 gradi presente durante il giorno sulla Luna avrebbe reso inabitabile da chiunque il modulo di allunaggio.

Ma se la NASA si rese conto già nel 1959 che sarebbe stato impossibile mandare degli uomini sulla Luna, perché nel 1967 far morire degli astronauti sulla rampa di lancio?

I complottisti sono dell’opinione che non si trattò di un incidente, ma che Gus Grissom, uno degli astronauti dell’Apollo 1, stava per spifferare tutto del progetto e pertanto venne ucciso dalla CIA, assieme al resto dell’equipaggio.

Tutti gli astronauti pertanto avrebbero mentito a proposito del loro viaggio sulla Luna, e molti sarebbero diventati milionari proprio per questo.

Ma allora perché continuare le finte missioni Apollo sulla Luna dopo che si era dimostrato di avervi messo piede?

Perché il programma era di condurre dalle otto alle dieci missioni Apollo, ed avendo ottenuto i finanziamenti per costruire tutti i velivoli spaziali, la NASA sarebbe stata obbligata a procedere con le simulazioni.

Ma dopo l’Apollo 12 gli americani non si appassionarono più al progetto, così qualcuno pensò di creare un diversivo. E l’incidente dell’Apollo 13, che in verità mai si alzò da terra, fu semplicemente una beffa all’interno della beffa affinché la gente riprendesse interesse nel programma spaziale.

Tutte queste argomentazioni sono senza dubbio molto affascinanti, ma poggiano anche su fondamenta molto instabili.

Al momento dell’allunaggio, e ancor più alla partenza, il LEM avrebbe dovuto produrre un enorme cratere sul suolo lunare a causa della notevole potenza sprigionata dai suoi razzi.

L’assenza del cratere sarebbe una delle migliori prove che non c’è mai stato un vero allunaggio.

Ma sulla Luna ci si trova in presenza di una gravità minima (un sesto di quella terrestre) e pertanto al momento della discesa sono stati usati solo razzi stabilizzatori, così come per la partenza, per il distacco dalle zampe d’appoggio, è stato utilizzato il solo motore disponibile che produsse un modesto lancio di frammenti rocciosi ed una nube di polvere lunare.

Secondo la teoria del complotto, si sospetta che anche il programma spaziale sovietico sia in gran parte una messinscena, giungendo a porre dei dubbi sull’impresa stessa di Yuri Gagarin e asserendo che gli exploit dei sovietici nello spazio sono stati falsificati.

L’Unione Sovietica sarebbe anche venuta al corrente che i viaggi sulla Luna degli Stati Uniti erano finzioni, ma tacque per convenienza.

Ma allora com’è possibile che in tutti questi anni migliaia di persone coinvolte nel progetto Apollo abbiano taciuto e nessuno sia mai uscito allo scoperto? Tutti assassinati?

Improbabile.

Altre incongruenze relative all’allunaggio, oltre al fatto che non ci sono stelle in molte delle fotografie scattate sul suolo lunare, sono le impronte lasciate dagli astronauti (troppo nitide e rivelerebbero presenza di umidità), e gli sfondi di quasi tutte le foto, che somigliano a fondali dipinti.

Ma c’è un altro grosso argomento di discussione: le ombre.

Le ombre devono avere una direzione costante, ovvero essere tra loro parallele, in quanto esiste un’unica fonte luminosa, il Sole.

Invece in molte immagini scattate sulla Luna le ombre non sono parallele, e in altre convergono in un unico punto della superficie lunare. Una situazione impossibile alla naturale luce solare.

In alcune foto inoltre, il contorno dell’ombra non è così marcato come ci si dovrebbe aspettare, mentre in altre le ombre di diversa lunghezza indicherebbero la presenza di più fonti di luminose (riflettori?) posizionate ad altezze differenti.

In altre ancora invece le ombre appaiono tutte fuori posto; in una stessa foto sono presenti ombre lunghe, ombre corte, ombre grigie, ombre nere, alcune piene, altre vuote.

L’illuminazione nel vuoto è ad alto contrasto, ovvero molto forte dove batte il sole, e del tutto assente dove ci sono le ombre, e sulla Luna non c’è atmosfera che può smorzare questi netti contrasti.

Eppure vi sono immagini della missione Apollo 16 in cui si vede la zona d’ombra di un astronauta completata di particolari, il che indicherebbe l’uso di un riflettore o qualche altra fonte luminosa presumibilmente posizionata in alto su un’impalcatura.

Inoltre le superfici piatte sono illuminate uniformemente dal sole, ma in una famosa foto di Aldrin a corredo della missione Apollo 11, il fatto che solo parte della superficie lunare risulti illuminata sarebbe un ulteriore incongruenza.

E’ vero, ma il suolo del nostro satellite non è piatto, e protuberanze e ondulazioni possono distorcere l’apparente forma di un’ombra.

Se molte delle immagini relative alle missioni Apollo, fossero state realizzate in un teatro di posa con diverse fonti di illuminazione, non ci troveremmo di fronte a ombre singole in direzioni differenti, ma ad ombre multiple di uno stesso oggetto, dovute proprio all’uso di più riflettori.

Va ricordato poi, che oltre al Sole esiste un’altra fonte di luce e ombre sulla Luna, ovvero la Terra che copre 13,5 volte la grandezza della Luna piena osservata dal nostro pianeta, e risulta 68,4 volte più luminosa di una Luna piena.

Pertanto il Sole e la Terra sarebbero i megariflettori citati dai complottisti, e la stessa superficie lunare la fonte di luce che riempirebbe di particolari alcune ombre.

Ma secondo altre teorie cospiratorie, sulla Luna gli astronauti si imbatterono nientemeno che negli alieni.

La prova di questa straordinaria affermazione risiederebbe in una conversazione tra il Controllo Missione e i membri dell’Apollo 11, Neil Armstrong e Buzz Aldrin, che la NASA censurò prontamente, ma che alcuni radioamatori sarebbero riusciti ad ascoltare.

Analizzando le fotografie della Luna ottenute nel corso delle missioni Apollo inoltre, si può scoprire la presenza di numerose strutture artificiali sulla superficie del nostro satellite (giganteschi ponti, cupole di vetro e altre imponenti strutture).

Ma se non siamo mai andati sulla Luna come si conciliano tutte queste rivelazioni che per essere accettate implicano una perfetta riuscita delle missioni spaziali?

Purtroppo, come in altri campi, ci si trova di fronte ad un’amara constatazione. Le teorie cospiratorie si annullano tra di loro, svuotandosi a vicenda di credibilità.

Ma allora chi ha ragione?

 

Foto Luna di Gregory H. Revera sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported