Secondo una macabra hit parade mondiale dell’omicidio seriale, l’Italia si piazzerebbe ad un “poco dignitoso” e sanguinolento 5° posto, dopo Stati Uniti, Inghilterra e Germania.

Negli ultimi 20 anni sono stati 26 i serial killer catturati e, secondo la stessa casistica, esistono almeno 100 vittime di omicidi irrisolti con le caratteristiche adatte a rientrare nella casistica della serialità.

Non sembra strana quindi, la nascita nel 1995 dell’Unità per l’Analisi dei Crimini Violenti, con sede a Roma.

Premettendo che il lavoro dei criminologi nostrani non è affatto semplice, visto che dai vari omicidi commessi in Italia bisogna togliere le esecuzioni mafiose, gli omicidi commessi dalla malavita, e gli omicidi commessi con moventi mascherati da assassinio casuale, vediamo a chi dobbiamo il nostro ingresso nella speciale classifica.

 

MARCO BERGAMO: 

Dal 1985 al 1992, Marco Bergamo, carpentiere di Bolzano, uccise cinque donne, principalmente prostitute.

Il primo omicidio lo commise il 3 gennaio del 1985, all’età di 18 anni, e la sua prima vittima fu Marcella Casagrande, studentessa di 15 anni. Il motivo che scatenò la furia omicida di Bergamo fu il rifiuto della ragazza alle sue attenzioni, rifiuto che alimentò in lui un profondo complesso di inferiorità, portandolo in breve tempo a considerare la donna come un essere irraggiungibile e da temere, elementi che diventarono la chiave stessa della sua psicologia e del suo modus operandi.

Appassionato di armi da taglio, Bergamo tramutava il coltello in una sorta di simbolo fallico, con il quale possedeva mortalmente le sue vittime.

Dopo l’omicidio Casagrande, Bergamo passa un periodo di inattività, durante il quale probabilmente matura in lui quel processo psicologico descritto precedentemente.

Sei mesi dopo massacra con 19 coltellate una prostituta conosciuta come Mirella, seguiranno gli omicidi di Renate Toger, Marika Zorzi, Renate Rauch e Annamaria Cipolletti.

La furia omicida era ormai incontenibile.

Fermato ad un posto di blocco, gli agenti trovano tracce di sangue all’interno della sua vettura.

Bergamo confessò immediatamente gli omicidi, dichiarandosi però estraneo a quello della Cipolletti e della Troger.

Fu ritenuto capace di intendere e di volere, e venne dunque processato e condannato all’ergastolo.

 

LUIGI CHIATTI:

Nell’Ottobre 1992, sulla strada che collega Foligno a Maceratola, scompare un bambino di quattro anni e mezzo: Simone Allegretti.

Fu scoperto due giorni dopo in una discarica, seminudo e martoriato da colpi di temperino, dopo un tentativo di soffocamento.

Il corpo fu trovato grazie ad un messaggio lasciato in una cabina telefonica, che ri portava le seguenti parole: “Aiuto! Aiutatemi per favore. Il 4 Ottobre ho commesso un omicidio. Sono pentito ora, anche se non mi fermerò qui. Il corpo di Simone si trova vicino alla strada tra Foligno e Scopoli. E’ nudo, e non ha l’orologio con cinturino nero e quadrante bianco. P.S. Non cercate le impronte sul foglio, non sono stupido fino a questo punto. Ho usato dei guanti. Saluti. Al prossimo omicidio. Il Mostro.”

L’italia alle porte della II  Repubblica si trova di fronte al più classico dei serial killer, e sul caso si misero immediatamente a lavoro criminologi esperti.

Il mostro che comunica con gli organi preposti a catturarlo è una caratteristica presente in moltissimi casi.

Per cinque mesi, il mostro di Foligno tenne una corrispondenza morbosa con le autorità, depistaggi, missive allucinanti, e perfino un mitomane che si autoaccusa degli omicidi, mitomane che viene scagionato dallo stesso mostro in una delle sue lettere.

Nell’Agosto del 1993, scompare Lorenzo Paolucci, 13 anni.

Questa volta l’assassino non è così accorto nel cancellare le tracce, che porteranno gli  inquirenti direttamente a Luigi Chiatti, 25 anni geometra, che dopo un lungo interrogatorio confessò entrambi gli omicidi.

Il profilo psicologico di Luigi Chiatti è allucinante: emotivamente secondo i medici, il ragazzo ha un età affettiva di 3/5 anni, non prova rimorso ne pentimento. La sua sessualità è di tipo pedofilo/omosessuale, e solo con i bambini riusciva a considerare “pulito” il suo sogno, quello di rapire un bambino per poi crescerlo come meglio credeva, condizionato in questa follia dalla solitudine e dall’incapacità di comunicare, problemi che non avvertiva con i più piccoli.

In un primo momento Chiatti viene dichiarato capace di intendere e di volere e condannato a due ergastoli.

Ciò che impressionò maggiormente l’opinione pubblica, fu la freddezza e l’assoluta mancanza di emozioni del 25enne assassino, che dopo una seconda perizia venne definito seminfermo e i due ergastoli ridotti a 30 anni.

Questi in una deposizione sostenne: “Non potevo fermarmi, dovevo uccidere; una volta che avrò scontato la mia pena, forse saranno vent’anni, studierò quello che ho scritto a proposito dell’omicidio di Simone, così la prossima volta ucciderò con più intelligenza”.

 

FERDINAND GAMPER:

Tra Febbraio e Marzo del 1996, a Merano, sei persone in poco più di tre settimane, vengono uccise da un colpo di calibro 22 con pallottole cave ad espansione.

Le prime vittime sono Hans Otto Detmering, funzionario della Bundensbaank e la sua compagna Florinda Cecchetti, fulminati alle sette di sera lungo la passeggiata sul fiume Passirio.

In un primo momento gli inquirenti pensano di essere di fronte ad un giallo spionistico, vista l’identità di Detmering.

Giorni dopo a Sinigo, un sobborgo di Merano, viene ritrovato il cadavere di un agricoltore, Umberto Marchioro, e l’autopsia rivelerà che anche questo delitto è stato commesso con una calibro 22 a pallottole ad espansione: si apre la caccia al mostro.

Viene diffuso un identikit in base alle informazioni date dai numerosi testimoni oculari del primo delitto, ma in un primo momento viene arrestato Luca Nobile, 25enne di Merano con qualche precedente, che si rivelerà del tutto estraneo agli eventi.

Il 27 Febbraio, alle 20:30, in pieno centro di Merano, il killer colpisce di nuovo, uccidendo a sangue freddo Paolo Vecchioni, a passeggio con la fidanzata Yvonne Sanzio, le cui urla mettono in fuga il killer; nella cittadina ormai è panico.

Panico che durerà fino al primo Marzo, quando a Rifiano, un paesino nei dintorni, di fronte alla sua abitazione viene freddato Tullio Melchiori.

La moglie dà l’allarme e i carabinieri accorrono sul posto; di fronte c’è un fienile e un maso, in cui un militare disarmato tenta una perlustrazione.

Dal fienile qualcuno spara, uccidendo il militare sul colpo: il killer è là dentro.

Da quel momento scoppia il finimondo, elicotteri, polizia in assetto di guerra, squadre speciali, mettono sotto assedio il maso in cui si è rifugiato il killer e dopo ore di tensione l’uomo si suicida con la sua stessa arma.

Verrà identificato come Ferdinand Gamper, un uomo solo e dalla vita segnata dal terribile suicidio del fratello, che ha fatto trovare messaggi inneggianti all’indipendenza del Tirolo.

Questi crearono il sospetto che gli omicidi di Gamper fossero in qualche modo legati ad atti di terrorismo, e non è escluso che nel suo cocktail di follia non ci fossero anche questi elementi, ma purtroppo il suo suicidio non consente di approfondire il suo caso.

 

IL MOSTRO DI FIRENZE:

Gli epiloghi giudiziari della vicenda Pacciani e dei “Compagni di Merende”, dove si presuppone l’esistenza di un vero e proprio club di killer, è assolutamente nostrana, e non ha nessun precedente, poiché di solito i serial killer agiscono da soli o al massimo in coppia.

Ma limitiamoci ai fatti di questa assurda vicenda giudiziaria.

Il mostro comincia a colpire nell’Agosto del 1968, quando nei pressi del cimitero di Lastra a Signa vengono ritrovati i cadaveri di Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, uccisi con un colpo di Beretta calibro 22.

Ha inizio così una lunga serie di omicidi, ripetitivi e riconoscibili, a spese di coppiette trucidate in posti isolati.

L’arma è sempre una calibro 22 e spesso sul corpo della donna il mostro infierisce con crudeltà anche dopo la morte.

Dal 1968 al 1985 il mostro dio Firenze colpisce 16 volte; intere famiglie vengono gettate nella disperazione e nelle campagne attorno a Firenze si crea una situazione quasi di assedio.

Le giovani coppie vengono invitate a tenersi lontane dai luoghi isolati, con la nascita di una vera e propria psicosi del mostro.

Nel Settembre del 1985 il killer colpisce l’ultima volta, uccidendo due turisti francesi: Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili, mutilando la donna e inviando per posta al sostituto procuratore un macabro plico.

Ed è l’ultimo delitto del mostro.

Nel corso degli anni, molte teorie e molti colpevoli si alternano sulla ribalta, fino ad arrivare al 1991 quando gli investigatori arrivano a Pietro Pacciani, classe 1925, agricoltore di Mercatale rozzo, ignorante e probabilmente legato al giro dei guardoni della zona. Su di lui pesano alcuni indizi: nel suo casale viene ritrovato un bloc notes e un portasapone appartenuti a due ragazzi uccisi nel 1983, un proiettile dello stesso calibro usato dal mostro e una denuncia anonima.

Pacciani viene considerato colpevole di sette degli otto duplici omicidi e condannato all’ergastolo, sentenza ribaltata in appello, con la sua assoluzione, e quindi annullata in cassazione.

Poi una nuova ipotesi si fa strada tra gli inquirenti: il mostro di Firenze non sarebbe uno solo, ma un insieme di persone dedite all’omicidio.

“Compagni di Merende” del Pacciani, e membri della banda sarebbero Giancarlo Lotti, Mario Vanni, e Giovanni Faggi.

I compiti erano ben suddivisi; chi faceva da palo, chi sparava, chi agiva di coltello…

Nel Maggio 1997 si apre l’inchiesta bis sul mostro.

 

GIANFRANCO STEVANIN:

Arrestato per stupro nel 1994, gli inquirenti non sospettavano che dietro la facciata del gigolò di provincia Stevanin nascondesse la ferocia di uno dei più inquietanti serial killer italiani.

Agricoltore, playboy, adescava ragazze e prostitute portandole nel suo casale dove le coinvolgeva in giochi erotici e servizi fotografici porno, ed infine le uccideva seppellendo i resti nel giardino (ribattezzato immediatamente dalla stampa il Giardino degli Orrori di Terrazzo).

Nel suo casale vennero in seguito ritrovate 5000 fotografie oscene, migliaia di videocassette e i documenti delle vittime, trofei che decretarono il suo arresto e prove della sua colpevolezza.

Sotterrate nel giardino vennero ritrovate: Bijliana Pavolovic, 25 anni cameriera, Claudia Pulejo, tossicodipendente scomparsa da mesi da casa, e un corpo senza testa non identificato.

In seguito Stevanin ammise altri omicidi, conducendo i magistrati nei luoghi dove aveva abbandonato i cadaveri e facendo riportare alla luce altri tre corpi nelle campagne attorno a Terrazzo.

Ma molte altre vittime non vennero mai ritrovate.

A muovere la ferocia di Stevanin era un’aberrante sessualità, legata alla sottomissione e al gioco del Gatto e del Topo. Egli godeva nell’infliggere dolore e nel terrorizzare le proprie vittime.

Nell’Ottobre del 1997, accusato di due delitti su otto confessati, sale sul banco degli imputati.

 

Foto Marco Bergamo di Llorenzi sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International