Viviamo in un epoca in cui il 20% dei nostri geni è di proprietà di qualcun’altro (un laboratorio privato, una multinazionale farmaceutica, una università), quindi un ignaro cittadino e i suoi familiari possono diventare oggetto di una caccia all’uomo, o meglio di una caccia al suo prezioso codice genetico.

Quello che sta già prendendo forma è uno scenario che sorprende, affascina e inquieta.

L’incontro e lo scontro con il nuovo mondo genetico ci può sorprendere in ogni momento, cambiando le nostre vite.

Sapevate ad esempio che i geni si possono brevettare?

I brevetti sui geni potevano sembrare ragionevoli trent’anni fa, ma oggi il settore è cambiato in modi che nessuno avrebbe potuto prevedere.

Oggi abbiamo moltissime ragioni per pensare che i brevetti sui geni siano inutili, insensati e dannosi.

C’è una grande confusione sulla materia.

Molti chiedono di mettere fine alla brevettazione dei geni appellandosi a sentimenti anticapitalistici. Ma non si tratta di questo.

E’ assolutamente ragionevole che l’industria cerchi un meccanismo che le assicuri un profitto sull’investimento produttivo; un meccanismo del genere comporta una limitazione della competizione intorno a un prodotto.

Tuttavia, questo tipo di tutela non implica che i geni debbano essere brevettati, al contrario, i brevetti sui geni contraddicono le norme relative alla tutela della proprietà intellettuale.

I geni sono “cose che esistono in natura”, come la gravità, la luce solare, e le foglie sugli alberi.

Si può possedere il test di un gene, o un medicinale che agisce su un gene, ma non il gene stesso. Si può possedere una cura per una malattia, ma non la malattia stessa.

I brevetti sui geni infrangono questa regola fondamentale.

Naturalmente si può discutere su che cosa sia esattamente una cosa della natura, e c’è gente pagata per farlo.

Ma può bastare un semplice esempio.

Se una cosa è esistita per milioni di anni prima dell’arrivo dell’homo sapiens sulla Terra, è una cosa della natura.

Sostenere che i geni siano un’invenzione dell’uomo è assurdo. Concedere un brevetto su un gene è come concedere un brevetto sul ferro o sul carbone.

Siccome è un brevetto su una cosa della natura, il gene diventa un monopolio illegittimo.

Normalmente il brevetto mi consente di proteggere la mia invenzione, ma incoraggia gli altri a realizzarne una loro versione.

Il mio iPod non ti vieta di creare un tuo riproduttore musicale digitale.

La mia gabbia per topi di legno è brevettata, ma nulla ti vieta di commercializzarne una in titanio.

Con i brevetti sui geni questo non succede.

Il brevetto consiste di semplici informazioni già esistenti in natura. Siccome non c’è stata alcuna invenzione, nessuno può introdurre una novità sull’uso del brevetto senza violare il brevetto stesso.

E’ come permettere a qualcuno di brevettare il naso. Non si potrebbero produrre occhiali, fazzoletti di carta, spray nasali, maschere, trucchi o profumi, perché sono tutte cose che hanno a che fare con qualche aspetto del naso.

Potresti spalmarti la crema solare, ma non sul naso, perché qualsiasi modificazione del tuo naso violerebbe il brevetto sui nasi.

Gli chef potrebbero beccarsi una denuncia per i loro profumatissimi piatti se non pagassero una royalty sul naso. E così via.

Naturalmente siamo tutti d’accordo: un brevetto sul naso è assurdo.

I brevetti sui geni sono assurdi per lo stesso motivo.

Ci vuole poco per capire che la brevettazione monopolistica inibisce la creazione e la produttività.

Se il creatore di Sherlock Holmes fosse stato il proprietario di tutti gli investigatori della narrativa mondiale, non avremmo mai avuto Philip Marlowe, Miss Marple, Hercule Poirot, o l’ispettore Maigret, per citarne alcuni.

Questa ricca eredità, frutto dell’immaginazione, ci sarebbe stata negata per un errore di brevettazione.

Ma questo è proprio l’errore che si commette brevettando i geni.

La brevettazione dei geni è una pessima politica pubblica. E’ largamente provato che questi brevetti danneggiano la cura dei pazienti e ostacolano la ricerca.

Tutto questo è uno scandalo, ma non è nulla in confronto alla conseguenza più pericolosa della brevettazione dei geni.

Al suo apice, la ricerca sulla SARS ha subito una battuta d’arresto perché gli scienziati non erano in grado di stabilire con certezza chi possedesse il genoma: erano state presentate tre diverse domande di brevetto.

Di conseguenza la ricerca sulla SARS non è stata efficace come avrebbe potuto essere.

Questo dovrebbe allarmare ogni persona di buon senso.

Ci trovavamo ad affrontare una malattia contagiosa con un alto tasso di mortalità che si era diffusa in dozzine di paesi in tutto il mondo, eppure la ricerca scientifica era bloccata a causa delle incertezze legate alla brevettazione dei geni.

Al momento l’epatite C, l’HIV, l’influenza emofila e vari geni del diabete, sono tutti nelle mani di un unico proprietario.

Non dovrebbe essere così. Nessuno dovrebbe poter possedere una malattia.

Se i brevetti sui geni venissero soppressi, potremmo aspettarci che si gridi allo scandalo e che il mondo degli affari minacci di abbandonare la ricerca, che le azienda falliscano, che la sanità pubblica ne soffra. Ma è più probabile che l’abolizione dei brevetti su geni si riveli un’autentica liberazione per tutti, e sfoci in un aumento esponenziale dei prodotti disponibili per i cittadini.

Vari gruppi di diverse appartenenze politiche, vorrebbero bandire alcuni aspetti della ricerca genetica.

Non si può non essere d’accordo sul fatto che un certo tipo di ricerca non dovrebbe essere condotta, per lo meno non adesso, ma concretamente non si può che essere contrari ai divieti sulla ricerca e sulla tecnologia.

I divieti non possono essere imposti.

Non so perché non abbiamo ancora imparato la lezione. Dal proibizionismo alla guerra alle droghe, ci siamo gingillati con l’idea che certi comportamenti potessero essere banditi. Ci siamo sempre sbagliati.

E in un’economia globale i divieti assumono altri significati: se anche si fermasse la ricerca in un paese, verrebbe condotta in un altro. Così cosa si otterrebbe?

Naturalmente la speranza è dura a morire; vari gruppi immaginano di poter negoziare un divieto globale su un certo tipo di ricerca, ma per quel che ne so non c’è mai stato nulla su cui si sia riusciti ad imporre un divieto globale, e dubito che possa accadere con la ricerca genetica.

Oggi la maggior parte degli scienziati ha legami con aziende private, o con aziende che loro stessi hanno messo in piedi.

Quarant’anni fa c’era una netta differenza di approccio tra la ricerca universitaria e quella dell’industria privata.

Oggi la distinzione è sfumata, se non addirittura inesistente.

Quarant’anni fa c’erano scienziati che discutevano di qualsiasi argomento riguardante la sfera pubblica in modo disinteressato.

Oggi i giudizi degli scienziati sono influenzati dai loro interessi personali.

Le istituzioni accademiche sono cambiate in modi che non ci saremmo mai aspettati. Originariamente le università non erano entità commerciali, e venivano incoraggiate a mettere a disposizione le loro ricerche per le organizzazioni che lo erano. Oggi però, le università cercano di massimizzare i profitti conducendo un numero sempre maggiore di ricerche a scopo commerciale, per far sì che i loro prodotti una volta brevettati siano più remunerativi.

La cosa paradossale è che molto spesso i contribuenti finanziano la ricerca, ma quando questa porta i suoi frutti, i ricercatori la vendono per il loro tornaconto personale, dopo di che un eventuale farmaco viene rivenduto ai contribuenti.

I consumatori perciò, pagano a caro prezzo un farmaco che hanno contribuito a finanziare.

Insomma gli aspetti negativi hanno superato di molto quelli positivi.

La ricerca ora è caratterizzata dalla segretezza, che intralcia il progresso della medicina.

Le università che un tempo erano luoghi deputati allo studio accademico oggi sono commercializzate.

Gli scienziati che un tempo coltivavano una vocazione umanitaria sono diventati uomini d’affari interessati solo al profitto.

Già venti anni fa questi trend erano perfettamente chiari agli addetti ai lavori, ma nessuno ci faceva caso.

Ora questi problemi stanno diventando chiari a tutti.

 

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