“Oltre quello che ancor oggi si chiamano Colonne d’Ercole si trova un grande continente detto Poseidonis o Atlantis che misurava tremila stadi in larghezza e duemila stadi in lunghezza, più grande della Libia e dell’Asia prese assieme, e da questo si poteva andare sulle altre isole e da quelle isole ancora alla terraferma che circonda il mare in verità così chiamato”.
Con queste parole Platone inizia a parlarci di Atlantide, la favolosa terra scomparsa, continuando poi la descrizione di quella che dovrebbe essere stata la sua storia, sottolineando il fatto che la sua narrazione, per quanto possa sembrare strana e fantasiosa, è rigorosamente vera.
Ci offre così la visione di un paese paradisiaco, dove i metalli abbondavano, e tra questi l’oro e l’argento e una misteriosa lega chiamata oricalco, dove gli abitanti usavano le due fonti, la calda e la fredda, che scorrevano in grande abbondanza e offrivano acqua adatta a tutti gli usi, e dove furono costruiti attorno palazzi e piantagioni, giardini incantevoli e ricchissimi orti.
Parlando dell’agricoltura di Atlantide, Platone racconta che il suolo dava due raccolti all’anno un in inverno per la pioggia fertilizzante, e uno in estate per l’irrigazione compiuta attraverso i canali.
La descrizione geografica di quella che doveva essere la principale isola di Atlantide è invece molto precisa.
Doveva trattarsi di una sorta di quadrilatero lungo circa 370 chilometri e largo 185 circondato da alte montagne,
Sia per l’azione della natura, sia per l’opera dei diversi re, era stato scavato un fossato che circondava l’intera pianura; tale fossato era profondo 30 metri, largo in ogni punto 150 metri, e lungo 1850 chilometri. Riceveva i corsi d’acqua che scendevano dai monti, faceva il giro della pianura, e di là andava a sboccare nel mare.
Dalla parte alta del fossato, canali rettilinei larghi circa 31 metri erano scavati nella pianura e si congiungevano con il fossato stesso vicino al mare. Ognuno di essi distava dagli altri 18,5 chilometri e serviva per trasportare alla città con battelli sia il legname proveniente dalle montagne sia i prodotti stagionali, e proprio a questo scopo erano state create numerose deviazioni.
Queste antiche descrizioni hanno consentito la ricostruzione di quella che doveva essere la capitale degli Atlantidi e il bello è che la pianta, sia pure in proporzioni ridotte, sembra propria anche a diverse città di un passato senza storia: ne abbiamo una che si direbbe una copia ammirevole addirittura a Barbury Castel in Inghilterra.
Ma dove sorgeva Atlantide?
Come e quando venne inghiottita dalle onde?
Platone racconta che vi furono violenti terremoti e inondazioni, e nel corso di un terribile giorno e di una terribile notte la stirpe degli Atlantidi scomparve sotto la terra , e similmente scomparve Atlantide nel mare.
Così termina il racconto di Platone, e da qui partono le innumerevoli speculazioni, con migliaia di volumi scritti su Atlantide.
Studiosi di epoche lontane, visionari, cultori dell’esoterismo, ricercatori dilettanti e autentici scienziati, ci hanno fatto conoscere la loro opinione sull’ubicazione e la fine della “terra perduta”, ponendolo praticamente ovunque, dall’Europa settentrionale all’Egeo, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Asia all’Antartide, e centinaia di luoghi ancora.
Quanto alla fine di Atlantide sono ormai molti gli scienziati che concordano su un evento catastrofico, come la caduta di un enorme corpo celeste, che produsse un cataclisma tale da essere presente in tutte le leggende delle antiche popolazioni.
Il diluvio della Bibbia, la grande acqua dei Veda per gli indiani, la terribile notte del Mahabharata (sempre indiana) che accenna allo sprofondamento di una grande terra molto potente, o la catastrofe che sommerse Aztland o Atlan, per i popoli precolombiani, con un assonanza davvero singolare con Atlantide.
La collocazione della presunta scomparsa di Atlantide viene fissata tra i 10.000 e 12.000 anni fa.
E’ singolare notare che gli antichi popoli americani abbiano ricominciato il computo del tempo da quello che è per noi l’anno 8496 a.C., affermando che un cataclisma sarebbe avvenuto poco prima e avrebbe segnato la fine della terza epoca del mondo.
I precolombiani avevano dunque conservato il ricordo della catastrofe di una vasta regione sommersa dalle onde?
Molti studiosi ne sono convinti, identificando nel continente descritto da Platone l’estensione maggiore di Atlantide e ricordando “da questo si poteva andare sulle altre isole (le Antille?) e da quelle isole ancora alla terraferma (l’America?).
Secondo alcuni studiosi, Atlantide non solo sarebbe esistita, ma dopo la catastrofe gli Atlantidi superstiti si sarebbero sparpagliati in tutto il mondo, dando vita a civiltà in Egitto, India, America Centrale, e altri posti ancora.
L’origine quindi della maggior parte delle civiltà a noi note sarebbe dovuta agli Atlantidi.
Per una singolare coincidenza nel 1968 vicino alla costa di North Bimini, nell’arcipelago delle Bahamas, alcuni piloti di aerei di linea credettero di intravedere nell’acqua costruzioni simili ad edifici e li fotografarono. le successive esplorazioni sottomarine in quei luoghi hanno rivelato sul fondo marino formazioni in pietra che somigliano a enormi strade, mura e anche un pilastro di marmo lavorato.
Ma anche a nord di Cuba, in mare aperto, sono state avvistate antiche vestigia ed enormi rovine che sembrano di marmo, così come in Portogallo, vicino Madeira, sono state individuate delle mura e una gigantesca scala a circa 180 metri di profondità.
Ma senza dilungarci oltre con ulteriori esempi di numerose tracce trovate qua e là, veniamo al più importante dei quesiti: cosa ha provocato la repentina scomparsa di Atlantide?
Negli ultimi centomila anni, i poli terrestri si sarebbero spostati tre volte e questo avrebbe dato luogo a ripetuti sollevamenti della superficie terrestre, all’innalzamento e al successivo inabissamento dei mari. Questo avrebbe potuto provocare la distruzione di un antichissima civiltà.
Ma oltre a questa esiste l’ipotesi già citata di un corpo celeste (probabilmente un asteroide o una cometa) che sarebbe precipitato nell’area attualmente chiamata Oceano Atlantico.
Esiste infine un’altra inquietante ipotesi (forse meno credibile delle altre) secondo la quale gli abitanti di Atlantide sapevano sfruttare l’energia dell’atomo, e la causa della catastrofe finale sarebbe da ricercare nell’uso improprio di questa energia. A quest’ultima ipotesi alcuni aggiungono quella di una spaventosa guerra nucleare con un altro continente perduto, Mu.
Appare evidente che ci troviamo di fronte ad un numero così esteso di prove tangibili che ormai gran parte degli scienziati sono concordi nel ritenere la probabile esistenza di una civiltà molto sviluppata anteriore a quella a noi conosciuta, e questo spiegherebbe i numerosi misteri che sembrano legare in particolare la civiltà egizia con quella maia ed azteca (una conoscenza astronomica molto sviluppata, le piramidi, e molti altri elementi comuni).
Forse tutti noi o una parte di noi discendiamo da questo antichissimo popolo.
Purtroppo in questi ultimi anni la ricerca riguardo alla reale esistenza di Atlantide e ad una sua esatta ubicazione si è affievolita.
D’altra parte questo è il destino di Atlantide: l’essere periodicamente dimenticata per poi tornare alla ribalta grazie a qualche misteriosa scoperta.
Mistero che resta avvincente in quanto alimentato da continue tracce di questa civiltà che affiorano in varie parti del mondo.
Una civiltà che non andrebbe ignorata, proprio a causa della sua repentina scomparsa, che ci ricorda quanto sia precaria l’esistenza della nostra civiltà.
Foto Barbury Hill di Geotrekker72 sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International