Immaginate una postazione computerizzata che mostra su un monitor il modello tridimensionale di un cervello, curato fin nei minimi dettagli, ottenuto dalla composizione delle diverse scansioni cerebrali di un paziente in stato vegetativo.

Questa ricostruzione tridimensionale è ricoperta di migliaia di puntini rossi, che rivestono ogni circonvoluzione e solco, ogni piega e grinza della corteccia cerebrale.

Persino il cervelletto e la parte inferiore del tronco encefalico ne sono disseminati.

Ad ogni puntino corrisponde un granello posato sul cervello del paziente.

Ora immaginate che mentre il medico guarda lo schermo, alcune particelle si spostino in seguito alla pulsazione di un minuscolo capillare o a causa di un gorgo nel fluido cerebrospinale.

L’insieme di questi granelli (che in realtà sono dispositivi molecolarmente ingegnerizzati di cinquanta micrometri cubici l’uno, contenenti una rete di sensori semiconduttori) prendono il nome di polvere neurale.

Iniettate direttamente nel fluido cerebrospinale del paziente da un accesso alla base del cranio, le particelle piezoelettricamente cariche si depositano sulla superficie del cervello, attratte dalla debole corrente che attraversa ancora i neuroni.

Sono tutte rivestite di polimeri, in modo che siano bioneutre e dunque non vengano rigettate dall’organismo ospite.

A questo punto un casco sulla testa del paziente incosciente, premendo un pulsante, si accende con un debole ronzio, simile a quello di uno sciame d’api.

Le onde ultrasoniche rilasciate dagli emettitori inondano il cranio del paziente e analizzano tutto ciò che c’è al suo interno.

I cristalli si attivano e tutti i puntini rossi sul monitor diventano verdi, perché le vibrazioni ultrasoniche stanno sovraccaricando i cristalli piezoelettrici, affinché questi inneschino i minuscoli transistor collegati al cervello del paziente.

E adesso smettete di immaginare, perché tutto questo esiste davvero.

Questo sistema è stato sviluppato al Center for Neural Engineering dalla University of California.

Dopo aver ottenuto risultati positivi sui topi, i ricercatori hanno cominciato a testarlo sugli esseri umani, e altre università, tra cui Princeton, si sono unite alla sperimentazione.

Lo scopo della polvere neurale è di assimilare il meccanismo di lettura di un nervo e ritrasmettere l’informazione ai trasduttori all’interno del casco.

In questo modo si può ottenere una scansione del cervello di eccellente qualità, di gran lunga superiore a qualsiasi immagine prodotta da una RM; infatti le mappe cerebrali che ne derivano sono un milione di volte più dettagliate e accurate.

Attenzione però.

Un invito alla prudenza a questo punto è d’obbligo poiché siamo ancora in acque inesplorate e potrebbero sempre insorgere spiacevoli conseguenze.

 

Foto Risonanza Magnetica di Llorenzi sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International