Se prendessimo un individuo maschio di trenta, quarant’anni, di altezza e peso medi, nato a Pechino, in Cina, e un altro soggetto che potesse corrispondere alla medesima descrizione, ma nato a Seoul, nella Corea del Sud, come potremmo distinguerli l’uno dall’altro?

In linea generale, la popolazione di stirpe coreana ha lineamenti più classici, più tipicamente mongoloidi.

L’aspetto dei cinesi, d’altro canto, incarna di più il tipo asiatico.

Ma è difficile mettere la mano sul fuoco quando si tratta di dire con certezza se uno è cinese oppure coreano, perché la possibilità di sbagliarsi è molto grande. Sarebbe più semplice distinguerli in base al modo di vestire o al comportamento, oppure dal taglio dei capelli; insomma dalle caratteristiche culturali.

Ma allora perché è possibile riconoscere dai tratti somatici un cinese da un giapponese?

Perché in questo caso le differenze genetiche sono più evidenti. Per esempio, se il soggetto orientale avesse una barba piuttosto folta, ci sarebbero forti probabilità che si trattasse di un giapponese. Ma nel caso della Cina e della Corea abbiamo a che fare con due etnie che si sono mescolate per secoli, al punto che le peculiarità individuali tendono a travalicare le distinzioni teoriche. Non è detto che sia impossibile distinguere un cinese da un coreano, ma le difficoltà sono considerevoli. Una serie di accertamenti in laboratorio potrebbe aumentare le probabilità di riuscita. Basarsi esclusivamente sull’aspetto esteriore sarebbe un errore; anche perché a tutto questo va aggiunta anche la storia. I giapponesi hanno invaso e razziato più volte la Corea, sin dal XVI secolo. E inoltre la Corea è stata per ben trentacinque anni, una colonia del Giappone; le caratteristiche genetiche delle due nazioni hanno avuto pertanto molte occasioni per mescolarsi.