I tardigradi, più comunemente chiamati “orsetti d’acqua” per via del loro aspetto paffuto, sono creature microscopiche, lunghe all’incirca 0,05 millimetri.
Comparsi sulla Terra durante il Cambriano, oggi possiamo trovarli in ogni ambiente, perché hanno una straordinaria capacità di sopravvivenza.
Quando le condizioni ambientali si fanno proibitive, si chiudono a riccio, formando una palla conosciuta come tun, ed entrano in uno stato di criptobiosi, un letargo simile alla morte.
In questo stato di sospensione, possono resistere a temperature prossime allo zero assoluto e fino ai centocinquanta gradi, ma anche a pressioni altissime, al vuoto cosmico, e a dosi massicce di radiazioni.
Praticamente sono indistruttibili.
Nel 1948, alcuni scienziati giapponesi hanno dimostrato che i tun possono risvegliarsi dopo centoventi anni di criptobiosi.
E ricerche più recenti indicano che potrebbero sopravvivere per un periodo decisamente superiore, se non in eterno.
Quasi il diciotto per cento del genoma dei tardigradi deriva da piante e funghi preistorici, inclusa quella che viene considerata la materia oscura della vita, ossia i batteri che esistono al confine tra la vita e la morte.
Scoperti solo di recente, sono stati soprannominati “microbi lazzaro”.
Ne sono un esempio il Natronobacterium, tornato in vita dopo cento milioni di anni trascorsi all’interno di cristalli di sale, o le colonie di Virgibacillus, che sono rimaste dormienti in formazioni rocciose per duecentocinquanta milioni di anni.
Una forma di tutela evolutiva che li accomuna a una fenice che risorge dalle ceneri.
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