Oggi voglio soffermarmi su quella branca della scienza che ci tocca più da vicino, ossia la medicina, con particolare riferimento all’etica professionale dei dottori.

Nella medicina oggigiorno si pongono due grandi problemi riguardanti l’etica professionale.

Il primo è quello dell’eutanasia, cioè l’uccisione di un paziente affetto da male incurabile e di esito mortale; il secondo è quello dell’aborto.

Ciò che interessa constatare è che si tratta di problemi tecnologici, morali e legali sorti più o meno nell’ultimo ventennio.

Una volta l’eutanasia era un problema molto meno grave: quando i medici avevano a disposizione un minor numero di strumenti terapeutici palliativi, come i respiratori meccanici e la conoscenza dell’equilibrio ionico, i pazienti con malattie letali tendevano a morire molto presto.

Oggi invece la medicina è in grado di mantenere tecnicamente in vita una persona per un periodo indefinito, anche se quest’ultima non potrà mai essere validamente curata; così il medico si vede costretto a decidere se e per quanto tempo sia il caso di continuare la terapia palliativa.

Il problema che così si pone è molto grave, perché la tradizione medica insegna a tenere in vita il paziente il più a lungo possibile, e con tutti i mezzi a disposizione, mentre oggi la moralità e l’umanità di tale linea di condotta vengono discusse.

Le domande che a questo punto dobbiamo porci sono:

Il paziente affetto da un male incurabile e letale ha il diritto di rifiutare una terapia palliativa?

Un paziente che ha davanti a sé settimane e mesi di dolori insopportabili, che presto o tardi finiranno per ucciderlo, ha il diritto di chiedere una morte facile e indolore?

Un paziente che si è affidato a un medico continua a esercitare su se stesso l’ultimo controllo di vita o di morte?

Non dobbiamo dimenticare che il compito del medico non è solo di ristabilire la salute, ma anche di alleviare il dolore e le sofferenze che le malattie portano con sé.

E questo non solo perché questo sollievo dal dolore contribuisce alla convalescenza e conduce ad essa, ma anche per procurare al malato, quando non vi è più speranza, una morte dolce e agevole.

Personalmente penso che ci sono momenti in cui è meglio lasciar andare coloro che amiamo, quando non c’è più speranza di ritrovarli come li abbiamo amati e soprattutto come li abbiamo conosciuti.

Per quanto riguarda l’interruzione di gravidanza invece, vi è da dire che l’aborto oggi in ospedale è diventato un intervento relativamente sicuro, con una percentuale di mortalità analoga a quella dell’estrazione di un dente.

Un tempo era diverso, ma i tempi cambiano e noi viviamo oggi.

Esistono comunque diversi fattori da prendere in considerazione relativamente a questo argomento, che di seguito cercheremo di descrivere brevemente.

Fattore antropologico:
E’ dimostrato come presso molte società l’aborto e l’infanticidio siano pratiche normali che non implicano la colpevolezza dei genitori né la distruzione delle fibre morali della società stessa.
Esempio classico ne sono le società primitive, che vivono in condizioni ambientali particolarmente difficili, come i pigmei africani o i boscimani del Kalahari; oppure quelle che considerano un privilegio i figli maschi e uccidono le femmine in soprannumero.
Naturalmente la società occidentale ha ben poco in comune con i pigmei o i boscimani, pertanto non è detto che ciò che per essi è giusto e accettabile lo sia anche per noi.

Fattore legale:
Le leggi odierne sull’aborto non sono sempre esistite, ma hanno preso forma nel corso degli anni in risposta a molti fattori contingenti.
I sostenitori dell’aborto asseriscono che si tratta di leggi arbitrarie, goffe e non rispondenti ai tempi, cosicché invocano un sistema legale adeguato a usi e costumi attuali, e non pregressi.
Altri invece fanno notare come le vecchie leggi non siano necessariamente leggi assurde, e che il mutarle senza valutare seriamente il pro e il contro significherebbe accrescere l’incertezza e l’instabilità in una società già abbastanza incerta e instabile.
Vi è poi chi considera l’aborto alla stessa stregua di una forma di controllo delle nascite, e che non c’è differenza sostanziale tra il prevenire il concepimento e l’arrestare un processo che non ha ancora dato luogo a una creatura viva e vitale. Del resto l’astinenza periodica e la pillola sono da considerarsi la stessa cosa, dal momento che entrambe le pratiche tendono esattamente allo stesso fine.
D’altra parte, coloro che sono contrari all’aborto operano una distinzione netta tra prevenzione e correzione, asserendo che, una volta avvenuto il concepimento, il feto ha dei diritti e non può essere ucciso.

Fattore psicologico:
La salute fisica e mentale della madre deve avere la precedenza su quella del figlio non ancora nato, poiché sia lei sia la famiglia già formata possono risentire emotivamente e finanziariamente della nascita di un altro bambino, ragion per cui bisogna impedirla.
Inoltre non si deve assolutamente e per nessuna ragione, costringere una donna a portare in grembo un figlio che non si desidera.
Si deve far notare però, che una donna moderna ed emancipata non rimane incinta se non vuole, poiché dispone di una vasta gamma di contraccettivi e pertanto non può considerare l’aborto alla stregua del controllo delle nascite.

Fattore sociale:
E’ immorale e criminale mettere al mondo un figlio che non si desidera.
In una società complessa come la nostra, la buona educazione di un figlio equivale a un processo lungo e costoso che richiede l’attenzione materna e il sostegno finanziario del padre.
Se una famiglia non è in grado di assumersela, rende al bambino un pessimo servizio.
Il caso più ovvio è quello della ragazza-madre, che spesso si trova impreparata ad allevare ed educare un figlio, sia emotivamente che finanziariamente.
Coloro che sono contrari a questa visione, offrono una giustificazione piuttosto vaga, accennando all’istinto materno femminile e al luogo comune per cui non esistono figli indesiderati; oppure a un altro vecchio luogo comune per cui, una volta nato il bambino, la famiglia finisce per adattarvisi e ad amarlo lo stesso.

 

 

Chiudiamo quindi ricordando che l’aborto ormai è un intervento sicuro e semplice, ragion per cui non devono esistere obiezioni di carattere pratico contro la sua legalità.

Anche se quelli che vi si oppongono affermano che tale intervento comporta un rischio mortale: limitato, ma esistente.

Abortire rimane comunque meno pericoloso che portare a termine una gravidanza.