La primavera araba, può essere sintetizzata come tutto ciò che ha tagliato fuori dai giochi i più potenti e facoltosi. Era cominciato tutto in Tunisia, dove un ambulante impoverito che per anni aveva subito violenze da parte della polizia si era dato fuoco in segno di protesta. All’epoca sembrava davvero impossibile che questo atto potesse avere un qualunque effetto nel lungo termine, che sarebbe stato qualcosa di più di un’altra vita sacrificata e sprecata. Come si scoprì in seguito, però, l’uomo non solo diede fuoco a se stesso, ma divenne anche il fiammifero che accese il mondo arabo, incenerendolo per metà.

La prima a cadere fu la Tunisia, e coloro che avevano governato il Paese per decenni fuggirono in Arabia Saudita.

Subito dopo toccò all’Algeria. E poi l’incendio si propagò, travolgendo la Libia, dove Mu’ammar Gheddafi aveva regnato più a lungo e più severamente di chiunque altro: ben quarantadue anni, tutti con il pugno di ferro.

Coloro che gli erano vicini diventarono ricchi e potenti grazie al petrolio. Quando poi sopraggiunse la guerra civile, molti non riuscirono nemmeno a salvarsi la vita, ma quanti erano stati abbastanza svegli da inviare denaro e famiglia all’estero furono più fortunati, anche se, come i loro conterranei tunisini, ben presto divennero rifugiati, uomini senza patria e senza più uno scopo nella vita.

L’Egitto crollò subito dopo, con ripercussioni che coinvolsero in maniera più o meno marcata Yemen, Siria, e Bahrein.

Tutto a causa di una scintilla tanto piccola. Ormai quelle fiamme si sono spente, ma ci sono sempre sopravvissuti all’incendio che vogliono riaffermare il loro controllo.

 

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Foto città in fiamme di Sherif9282 sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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