Chi di voi, durante i vari pranzi e cene in compagnia, non si è mai lasciato coinvolgere in qualche forma di pettegolezzo, ingrediente quasi immancabile che ravviva  la conversazione, spesso con informazioni e commenti piccanti?

Il pettegolezzo in fondo è proprio questo, l’attività di diffondere informazioni alle spalle di qualcuno, condividere ciò che si voleva mantenere riservato, chiacchierare delle vicende private di altre persone.

Secondo alcune teorie, il pettegolezzo è nato insieme al linguaggio umano e ha svolto, in passato, un’importante funzione sociale, nonché di comunicazione di eventuali pericoli; serviva ai nostri antenati per capire di chi potersi fidare e con chi poter collaborare per la propria sopravvivenza.

Ma oggi ha assunto una connotazione completamente diversa, e una pluralità di testate giornalistiche e di trasmissioni televisive hanno costruito la loro fortuna e il loro successo sul pettegolezzo, ormai chiamato secondo l’accezione anglofona gossip.

Il risultato del pettegolezzo, o gossip che dir si voglia, può essere però molto pericoloso.

Perché?

Perché in genere si sorvola sulla persona gretta e meschina che diffonde la diceria e ci si concentra sulla persona su cui si spettegola, danneggiandola anche più del dovuto poiché molto spesso le persone credendo al pettegolezzo lo ripeteranno, magari stravolgendolo, e marchieranno la persona a cui è rivolto per lungo tempo, se non addirittura per sempre, rendendo questo peso insopportabile per le persone più fragili.

Perché una volta partito difficilmente saremo in grado di fermare il pettegolezzo, macchiando il destinatario di cattiva reputazione.

C’è una storiella a tal proposito che mi piace ricordare, e che vi invito a ricordare prima di cadere nella tentazione del pettegolezzo.

Un giorno una donna spettegolava con un’amica di un’uomo che a malapena conosceva.

Quella notte fece un sogno; una enorme mano apparve sopra di lei e le puntò il dito contro.

La donna immediatamente fu colta da un opprimente senso di colpa e il giorno seguente andò a confessarsi da un anziano prete della parrocchia, al quale raccontò tutto.

“Il pettegolezzo è peccato?”, chiese al vecchio prete. “Era la mano di Dio onnipotente che puntava il dito contro di me?”. “Le devo chiedere l’assoluzione padre?”. “Mi dica, ho commesso peccato?”

“Si!”, le disse il prete. “Si! Donna ignorante e mal allevata. Hai detto falsità sul conto di un tuo simile. Hai messo a repentaglio la sua reputazione. Dal profondo del cuore te ne dovresti vergognare”.

Allora la donna disse di essere pentita e chiese il perdono.

“Non avere fretta!”, disse il prete. “Va a casa tua prima; prendi un bel cuscino e portalo sul tetto, squarcialo bene con un coltello e poi torna da me”.

Così la donna andò a casa, prese un cuscino dal letto, un coltello in cucina, salì sul tetto dalla scala antincendio e squarciò il guanciale.

Tornò poi dal vecchio prete come lui le aveva detto.

“Hai squarciato il cuscino con il coltello?”, chiese lui.

“Si padre.”

“E il risultato qual’è stato?”.

“Piume.”, disse lei. “Piume dappertutto padre”.

“Piume”, fece eco il prete. “Ora voglio che tu torni a casa a raccogliere una per una tutte le piume volate via col vento.”.

“Beh!”, rispose la donna, “Non è possibile, non so neanche dove siano finite; il vento le ha portate chissà dove”.

“E questo è…”, disse il vecchio prete, “…il pettegolezzo“.