Se vi chiedessero di descrivere uno Gnomo cosa rispondereste?

Molto probabilmente comincereste col dire che si tratta di una creatura piccolissima, con la faccia rubizza e un volto da vecchio sormontato da un buffo cappellino rosso a punta.

Descrivereste insomma, il prototipo di Gnomo che fa parte ormai dell’iconografia moderna e che scrittori e disegnatori contemporanei hanno descritto e illustrato in numerosi libri di favole.

Secondo la concezione “moderna”, gli Gnomi sarebbero esseri di indole per lo più benevola, molto vicini alla natura, che avrebbero il compito di custodire e sorvegliare preservandola dalla violenza esercitata dall’uomo.

In questa visione edulcorata e filoecologista, gli Gnomi rappresenterebbero il lato positivo dell’umanità stessa, una sorta di “coscienza buona” in costante lotta contro il lato oscuro, rappresentato dal progresso incontrollato e dalla tecnologia.

Ma non è sempre stato così.

In origine gli Gnomi erano considerati spiriti elementali (o elementari).

Per capire cosa ciò significhi dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, quando la concezione del mondo era molto diversa da adesso.

Un tempo infatti, si pensava che il creato fosse composto da quattro elementi fondamentali: aria, acqua, terra e fuoco.

Nell’antichità i quattro elementi venivano associati a determinati esseri che ne impersonavano le qualità.

Paracelso, nel XVI secolo, inquadra questi spiriti in un sistema di riferimento basato proprio sui quattro elementi, sostenendo che questi esseri da lui stesso battezzati Elementali, pur avendo una certa affinità con gli esseri umani, non discendono dall’uomo.

Rappresentano una via di mezzo tra la tangibilità e la concretezza degli esseri umani e l’incorporeità degli spiriti.

Paracelso nel suo Liber de Nimphis classifica gli Elementali in quattro tipologie: le Ondine o Ninfe (riferite all’elemento acqua), i Silfi (riferiti all’elemento aria), le Salamandre (riferite all’elemento fuoco) e gli Gnomi (riferiti all’elemento terra).

Nel loro elemento, questi esseri si muovono con destrezza e agilità.

Dunque queste creature vivono in un mondo per così dire “parallelo” al nostro, dove la natura fornisce tutto il necessario per vivere un’esistenza molto simile alla nostra.

Sono socialmente organizzati, hanno proprie leggi, svolgono lavori, provano emozioni e si ammalano esattamente come noi.

Secondo Paracelso però, gli Elementali non possiedono un’anima e il loro desiderio più grande è proprio quello di averne una.

Per questo cercano la compagnia degli esseri umani, e in particolare desiderano ardentemente sposarsi con membri della nostra razza, poiché il vincolo sacro del matrimonio può fornire loro un’anima immortale.

Hanno una loro vita sessuale, e a volte si accoppiano anche con gli esseri umani. Le più predisposte a questo tipo di attività sono sicuramente le Ondine.

Da sempre esse, grazie anche al loro aspetto molto simile al nostro, adescano i viandanti sulle sponde di fiumi e laghi per circuirli e ottenere favori di natura sessuale.

Né gli Elementali disdegnano di accoppiarsi tra di loro, scavalcando le barriere degli elementi che li dividono.

In seguito a questi rapporti misti, gli Elementali possono generare figli malformati che assumono caratteristiche particolari dando origine ad altre tipologie di creature facenti sempre parte del più antico folklore.

Quando le Ondine generano un figlio malformato, questo ha l’aspetto di una Sirena.

Se invece a generare un figlio malformato è una Silfide, questi prenderà l’aspetto di un Gigante.

Viceversa l’aberrazione risultante da una Salamandra sarà una Scintilla, e quella generata da una femmina di Gnomo prende il nome di Nano.

Ma vediamo ora quali sono secondo Paracelso i caratteri distintivi dei più noti spiriti Elementali, ossia gli Gnomi.

La parola gnomo, dovrebbe derivare dal greco gnomizio, ossia “conosco”, oppure da genomos, “della terra, terrestre”.

Fatto sta che gli gnomi di Paracelso sono molto diversi da quelli a cui siamo abituati oggi.

Il grande medico ed occultista cinquecentesco infatti, li immagina come esseri fatti di materia luminosa e alti circa 40 centimetri.

Amano dimorare nelle montagne, dove scavano cunicoli e gallerie che servono per contenere tesori di rara bellezza da essi stessi fabbricati.

Queste ricchezze sono inaccessibili a meno che gli Gnomi stessi non indichino la strada a chi li cerca.

Questo può avvenire se gli Gnomi instaurano un rapporto di collaborazione e di mutuo scambio con gli esseri umani.

Una volta stabilito un patto tra uomo e Gnomo questo è indissolubile.

Nonostante la loro indiscutibile somiglianza con altre creature dell’immaginario popolare, tra cui le fate e i folletti, gli Gnomi non vanno assolutamente assimilati agli esponenti del cosiddetto Piccolo Popolo.

I Fairies (come vengono chiamati gli esseri fatati) appartengono a un altro filone del folklore popolare per lo più nordico, che li concepisce come spiriti intermediari.

Tuttavia fu proprio Paracelso a rendere più sottile la differenza tra le due tipologie di spiriti, convogliando negli Gnomi gran parte degli attributi e delle caratteristiche proprie dei folletti: la dimensione innanzitutto, ma anche la tendenza ad aiutare gli esseri umani.

Ma oggi, si pensa anche che gli Gnomi possano esercitare un influsso malefico sulle persone.

L’umore che li contraddistingue è infatti la malinconia, che secondo le credenze cinquecentesche era associata proprio all’elemento terra.

Tale caratteristica viene amplificata negli esseri umani se in loro vicinanza si trova uno Gnomo, e questo secondo la tradizione potrebbe provocare tali sbalzi nell’umore delle persone da spingerle addirittura al suicidio.

La prossima volta che vi sentite tristi perciò, guardatevi intorno, e se vedete un berretto a punta nelle vicinanze seguite il mio consiglio e…cambiate aria!

 

Foto Gnomo di Jean-Noël Lafargue sotto licenza  Free Art License