Con il termine Freaks, si indicano generalmente tutti quegli “scherzi di natura” un tempo destinati  ad essere rinchiusi negli istituti, esseri umani emarginati per le loro anomalie fisiche che fino a pochi decenni fa erano costretti ad edificarsi un personale microcosmo comunitario sostenuto economicamente, e qui sta il grottesco, dalla pubblica esposizione di quelle stesse deformità che furono causa dell’esilio.

Diversi ma non necessariamente infelici, anzi a volte persino fieri delle loro singolari prerogative.

E’ una parola di uso comune, freak, priva di significati offensivi e idonea a definire stralunati nostalgici dell’utopia hippie (fricchettoni).

In passato, molto prima della sindrome del “politicamente corretto”, era usata per indicare quegli individui che tra la metà dell’ottocento e la metà del secolo successivo costituivano apprezzatissime attrazioni di circhi e fiere grazie a numeri fondati sull’ostentazione del proprio handicap (donne cannone, uomini senza arti, gemelli siamesi, ecc.).

A volte indegnamente sfruttati e umiliati, ma per lo più coccolati come star.

Figura chiave di questi spettacoli, denominati “Freak Show”, fu Phineas Taylor Barnum, capostipite dell’arcinota dinastia di impresari circensi americani.

Personaggio controverso anche se indubbiamente geniale (c’è addirittura chi lo considera l’inventore del marketing), Barnum spese buona parte dei suoi 81 anni di vita nell’ideare lucrosi business basati sull’inganno (due tra i più memorabili: una ottantenne di colore spacciata per la centosessantunenne  ex balia di George Washington, e un’ipotetica “Sirenetta delle Fiji” malamente assemblata con i resti di un pesce e di una scimmia) e sull’esibizione a pagamento di autentici freak rinvenuti in giro per il mondo.

E se è documentato che i più scaltri di questi ultimi, come il nano Charles Stratton, alias Tom Thumb, trovarono nello spregiudicato businessman un abile manager in grado di assicurargli protezione, fama e denaro, è altrettanto vero che quanti soffrivano di carenze mentali divenivano solo strumenti per ottenere facili guadagni; di fronte al portafogli e in assenza di leggi idonee, si sa, l’etica è solo un inutile optional.

Al giorno d’oggi i “Freak Show” sono assai rari, e vedono comunque la partecipazione volontaria e consapevole dei loro divi.

Ancor più rara, perlomeno nei paesi più evoluti, è poi la nascita di un freak di aspetto notevolmente bizzarro. I progressi in campo genetico, l’accresciuta informazione sulle cautele da osservare durante la gravidanza, l’opportunità offerta dalla moderna medicina di verificare eventuali anomalie del feto, e gli sviluppi della chirurgia, hanno in pratica eliminato il rischio di un nuovo Frank Lentini, che nella Sicilia del 1889 venne alla luce con tre gambe e due organi sessuali, o di una nuova Myrtle Corbin, sua contemporanea texana con quattro gambe e due uteri. Devianze corporee che comunque non impedirono ad entrambi di arricchirsi e sposarsi (non tra di loro, se lo avete pensato siete proprio dei perversi di prima categoria), ed avere dei figli del tutto normali.

Certo la società moderna ha generato altre specie di freak: radiazioni, incidenti, armi batteriologiche, e chissà quant’altro hanno arricchito di nuovi esemplari il campionario dei capricci anatomici, mentre televisione, libri e cinema, hanno reso più discreta, e dunque meno umiliante per chi la subisce, questa diffusissima forma di voyeurismo dovuta ad un vastissimo immaginario collettivo pullulante di lillipuziani, uomini lupo, ciclopi e creature da incubo.

Che altro non erano se non poveri cristi prigionieri di se stessi, consacrati al mito dagli stessi che per ignoranza, timore o pura e semplice crudeltà li condannavano a morte.

O peggio al più triste degli isolamenti.