La vita sul pianeta è da sempre un’impresa da equilibristi, retta da un’intricata, e sorprendentemente fragile, rete d’interconnessioni.

Basta eliminare o anche solo alterare alcune delle sue componenti chiave e la tela comincia a sfaldarsi e cadere a pezzi.

Nel suo passato geologico, la Terra ha vissuto cinque catastrofi, o estinzioni di massa.

La prima si verificò quattrocento milioni di anni fa, con la scomparsa di gran parte della fauna e della flora marittima.

La terza colpì sia il mare sia la terraferma alla fine del Permiano e annientò il novanta per cento delle specie viventi, portando sul ciglio del baratro la vita stessa.

La quinta, e più recente, fu l’estinzione dei dinosauri, che spianò la strada all’era dei mammiferi e cambiò per sempre la faccia del pianeta.

Quanto siamo prossimi a un altro evento della stessa portata?

Alcuni scienziati ritengono che la catastrofe sia già in atto e che il mondo si trovi immerso fino al collo nella sesta estinzione di massa.

Il tasso di estinzione è di tre specie l’ora, per un totale di più di trentamila l’anno. E peggio ancora, il ritmo non fa che aumentare.

In questo preciso momento, quasi metà di tutti gli anfibi, un quarto dei mammiferi e un terzo dell’ecosistema delle barriere coralline si trovano a rischio estinzione. Persino un terzo delle piante della famiglia delle conifere.

Perché sta accadendo?

In passato le estinzioni di massa furono causate da un cambiamento repentino nel clima globale, da uno spostamento delle placche tettoniche, oppure, come nel caso dell’estinzione dei dinosauri, dalla probabile caduta di un asteroide.

Invece, secondo gli scienziati, la crisi attuale ha una spiegazione più semplice: l’uomo.

Siamo noi la causa scatenante della scomparsa di gran parte delle specie, attraverso la distruzione degli habitat e la produzione d’inquinamento.

Secondo un rapporto pubblicato dalla Duke University nel maggio 2014, l’operato dell’uomo ha condotto le altre specie all’estinzione con una rapidità mille volte superiore a quella precedente la comparsa dell’uomo moderno.

Un fatto meno noto però, riguarda un nuovo rischio per la vita sulla Terra, un pericolo proveniente da un passato remoto che minaccia di accelerare l’estinzione in corso e forse di spingerci tutti oltre il ciglio del baratro; verso l’apocalisse.

E quella minaccia non è soltanto reale. Sta emergendo proprio ora, sulla soglia di casa nostra.

Nel 1999 un gruppo di ricercatori ha scoperto un virus in Antartide, al quale nessun animale o essere umano è immune. E non solo: il microbo è stato trovato in una delle zone gelate più remote in assoluto, del tutto priva di organismi viventi. Alcuni degli scienziati ipotizzano che si tratti di una forma di vita preistorica, rimasta intrappolata nel ghiaccio, o forse il lascito di vecchi esperimenti di guerra biologica.

Tutt’oggi il movimento ambientalista si divide in due schieramenti: da una parte i conservazionisti della vecchia scuola, sostenitori della tutela dell’ambiente, e dall’altra una nuova progenie di ecologisti, biologi sintetici e addirittura scienziati che, invece di prodigarsi a fermare l’estinzione imminente, la accolgono a braccia aperte.

Vogliono entrambi il bene del pianeta e sono preoccupati per la strada che ha imboccato, ma mentre i primi vogliono salvare il salvabile, forse illudendosi, i secondi sono convinti che la catastrofe è ormai ineluttabile.

Questo perché l’uomo è andato troppo oltre per riparare i danni inflitti dalla sua industria, e la sua ingordigia è cresciuta a dismisura, insieme con la sua cecità.

Da questo punto di vista quindi, la conservazione dell’ambiente è una causa persa. A che scopo salvare un paio di specie, quando l’intero ecosistema planetario crolla intorno a noi?

Questo secondo schieramento ambientalista vuole lasciare che la natura segua il suo corso, perché è lei la grande innovatrice e ci sopravvivrà (anche se magari non in una forma di nostro gradimento). E comunque l’evoluzione riempirà i vuoti lasciati dalla scomparsa di altre specie. Tutte e cinque le estinzioni precedenti sono state seguite da esplosioni evolutive. Basta pensare all’umanità. I dinosauri hanno dovuto morire, per consentire la nostra ascesa.

Ogni grande estinzione porta con sé la promessa di una nuova genesi.

Vi è da dire però che l’estinzione è rapida, mentre l’evoluzione è lenta.

Il tasso di estinzione sarà sempre destinato a superare quello dell’evoluzione.

Ma se riuscissimo ad accelerare quello evolutivo?

In che modo? Smettendo di preservare la vita del passato e concentrandoci a coltivare quella del futuro, creandola noi stessi e indirizzando l’evoluzione verso la nuova genesi.

Se vi ho incuriosito, leggete il prossimo post per scoprire fino a che punto ci siamo già incamminati su questi percorsi.