Nel dicembre 2019, le autorità sanitarie della città di Wuhan in Cina, riscontrarono i primi casi di una polmonite di causa sconosciuta. In breve tempo questa malattia respiratoria acuta si diffuse in tutto il mondo, elevandosi allo stato di pandemia.

Nasce così quello che oggi è tristemente conosciuto come Covid 19, un virus che si trasmette per via aerea, attraverso le goccioline respiratorie, e che finché il tanto agognato vaccino (che per il momento l’unica certezza che ci da è quella di renderci tutti scimmie da laboratorio) non ci immunizzi possiamo soltanto limitarne la trasmissione prendendo precauzioni come mantenere la distanza interpersonale di almeno 1,5 metri, tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene personale (lavare e disinfettare periodicamente le mani) e ambientale (rinnovare spesso l’aria negli ambienti chiusi aprendo le finestre e mantenere gli ambienti puliti), e indossare mascherine chirurgiche.

Tralasciamo però tutti gli aspetti medici del Covid e concentriamoci su quelli psicologici, perché è innegabile che questo virus ha letteralmente sconvolto la vita di tutti quanti, privandoci dei nostri diritti più elementari e sostanzialmente anche della nostra libertà. Certo rispetto alla prima fase della malattia, dove il tasso di mortalità è stato elevatissimo anche per le direttive sbagliate date ai medici per curare i pazienti, ora la situazione sembra essere leggermente migliore e più controllabile ma a quale prezzo?

Si è tentato di curare, in modo fallimentare, attraverso l’isolamento più rigido, impedendo anche ai familiari di vedere i propri cari per l’ultima volta e condannandoli così a morire soli e spaventati senza alcun conforto se non quello di medici e infermieri, che comunque non potevano avvicinarsi se non accuratamente “scafandrati” ed impossibilitati quindi anche a far sentire semplicemente il calore di un abbraccio. Siamo sostanzialmente, anche se in misura diversa, in un perenne lockdown, chiusi nelle nostre abitazioni con il divieto di uscire se non per ragioni di prima necessità (lavorare, fare la spesa, eseguire visite mediche, ecc.), impossibilitati ad ogni spostamento tra regioni e in alcuni casi addirittura tra comuni.

Viaggiare per puro svago è ormai un lontano ricordo. Persino la scuola e la socialità tra ragazzi è di fatto stata abolita, e per mesi l’unico modo che i ragazzi hanno avuto per studiare è stato a distanza, attraverso lo schermo di un computer o di un cellullare. Interi comparti produttivi sono stati danneggiati probabilmente in modo irreparabile, e l’economia di intere nazioni è ormai in crisi se non addirittura allo sbando. Basta che qualcuno tossisca o sternutisca per essere guardato con diffidenza o isolato. La convivenza domestica forzata senza possibilità di uscire neanche per coltivare i propri hobby, in alcuni casi ha accentuato i litigi familiari in modo preoccupante. Questo elenco di cose negative potrebbe continuare ancora, ma la cosa che più desta preoccupazione è che ancora non si vede la luce.

Tutti siamo stufi di noi stessi, del prossimo, ci struggiamo per qualcuno che non possiamo vedere, siamo confusi, affranti e come se non bastasse abbiamo paura che il mondo non sarà più lo stesso. Non esiste un manuale per questa situazione, quello che posso dirvi è siate gentili; siate gentili con voi stessi, siate gentili con tutti quanti…cos’altro ci resta!