Oggi prenderemo in considerazione un autore di cui abbiamo già parlato in un precedente post ( Consigli di lettura: Quitters Inc.), e vista la sua mastodontica produzione letteraria era inevitabile, Stephen King.
Nello specifico l’opera che esamineremo è La tempesta del secolo, una lettura intrigante e sicuramente diversa dal solito, che ai più puristi magari potrebbe anche non piacere, perché non è un racconto breve, ma nemmeno un vero e proprio romanzo, visto che la storia è stata scritta come se fosse una sceneggiatura televisiva. La tempesta del secolo parla di un uomo seduto sulla branda di una cella, con i piedi sollevati, le braccia appoggiate alle ginocchia e gli occhi fissi. Non è un buon uomo, né un uomo buono, ma è un uomo estremamente cattivo. Anzi, forse non è nemmeno un uomo. La cella non si trova in una prigione vera e propria, ma nel retrobottega di un minimarket di una piccola isola davanti alle coste del Maine.
Perché la cella si trova in un retrobottega? Perché una comunità piccola come quella dell’isola non ha bisogno di una stazione di polizia, ma solo di uno sceriffo part-time che si occupi dei rari casi di disturbi alla quiete pubblica, come ad esempio un ubriaco che dà in escandescenze, o un pescatore un pò troppo manesco che ogni tanto maltratta la moglie. E lo sceriffo è proprio il proprietario ed il gestore del minimarket di cui abbiamo accennato sopra. Una persona abbastanza perbene e abbastanza abile con gli ubriachi e i pescatori maneschi ma…che cosa succede se arriva qualcosa di veramente cattivo? Qualcosa che siede immobile dietro le sbarre a guardare fuori e ad aspettare. Ad aspettare che cosa? Ma la tempesta, naturalmente. La tempesta del secolo.
Una tempesta talmente violenta da tagliare fuori la piccola isola dal continente, e da costringere l’isola ad affidarsi completamente alle proprie risorse. Isolato dal resto del mondo, quell’uomo in cella è capace di atti terribili, che riesce a compiere senza nemmeno alzarsi dalla branda su cui siede con le braccia appoggiate alle ginocchia sollevate.
La trama di quest’opera, permette al suo autore di esprimere qualche riflessione interessante e provocatoria sulla natura stessa di una comunità; perché non c’è comunità negli Stati Uniti così strettamente chiusa in se stessa quanto quelle delle isole davanti alla costa del Maine. I loro abitanti sono legati tra loro da situazioni, tradizioni, interessi, pratiche religiose e occupazioni difficili e talvolta pericolose. Sono anche stretti da consanguineità e spirito di clan, costituiti da quattro o cinque vecchie famiglie, i cui cugini, nipoti e suoceri si sovrappongono nelle parentele come le cuciture di un patchwork. Sono sempre cordiali con i turisti, ma è inutile aspettarsi di entrare a far parte della comunità. Possono tornare per sessant’anni di fila al loro cottage sul promontorio affacciato sullo stretto ma resteranno sempre e comunque “la gente dell’estate”. Perché la vita sull’isola è diversa. Ed il punto centrale della Tempesta del secolo è proprio questo: la comunità viene sconvolta da un elemento esterno negativo, che separa gli individui trasformandoli in nemici. Resta quindi un interrogativo: far fronte comune dà sempre per risultato il bene comune? Il concetto di comunità scalda sempre il cuore o qualche volta gela il sangue?
Scopritelo leggendo.