A volte dovremmo fare attenzione all’oscurità che alberga nei nostri cuori; basti pensare alle atrocità e alle crudeltà inflitte ai popoli nativi del Congo.
Persino Joseph Conrad nel suo Cuore di tenebra ne descrive l’orrore, basandosi sulla sua esperienza di comandante di battello a vapore con cui aveva navigato sul fiume Congo, dove aveva avuto modo di assistere alla brutalità del regime coloniale dello Stato Libero del Congo, che descrive come
“la più vile corsa al saccheggio che abbia mai sfigurato la storia della conoscenza umana”
In poco più di un decennio, dieci milioni di congolesi sarebbero stati uccisi. L’esploratore britannico Ewart Grogan scrisse:
“Ogni villaggio è stato ridotto in cenere e, mentre fuggivo dal Paese, vedevo scheletri ovunque, e le loro posture raccontavano storie orribili!“.
Ma come sono avvenute tutte queste atrocità?
Purtroppo la colpa è attribuibile ai progressi della medicina e della tecnologia. Innanzitutto, all’inizio del XIX secolo, la scoperta del chinino (il composto antimalarico) aprì il cuore del continente al resto del mondo.
Gli schiavisti portoghesi e arabi imperversavano già nel Congo, ma la cura per la malaria diede inizio a un grande periodo di colonizzazione europea. I francesi si impossessarono della regione settentrionale del Paese, mentre re Leopoldo II del Belgio, grazie a una serie di contratti capestro, si assicurò due milioni e mezzo di chilometri quadrati di quella meridionale, un’area pari quasi a un terzo del territorio degli Stati Uniti continentali.
Poi ci fu l’avvento dello pneumatico, un’invenzione del veterinario scozzese John Boyd Dunlop,
che diede il via allo sfruttamento degli alberi della gomma, una pianta molto diffusa in Congo,
e alla schiavizzazione delle popolazioni congolesi. Re Leopoldo stabilì quote rigorose per la produzione di gomma e avorio in tutti i villaggi sotto il suo dominio e, se queste non venivano raggiunte, gli schiavi erano puniti con il taglio di una mano.
Nel volgere di poco tempo, le mani umane divennero una forma di valuta in tutto lo Stato Libero del Congo, oltre alle orecchie, ai nasi, ai genitali e persino alle teste. Inoltre gli ufficiali belgi istituirono un regime di terrore, con tanto di crocifissioni e impiccagioni di uomini, donne e bambini. Nel corso di oltre un decennio, metà della popolazione congolese fu massacrata o morì di fame all’insaputa del resto del mondo, e fu solo grazie al lavoro dei missionari, in particolar modo William Henry Sheppard, un reverendo presbiteriano nero americano, che le atrocità patite dai congolesi divennero di dominio pubblico.
Munito solo di una fotocamera a cassetta Kodak e di una grande determinazione, costui svolse un ruolo determinante nel far luce su quelle brutalità.
Questa è la storia, ma ora spostiamoci al presente. Che ne è del Congo odierno?
Dopo due brutali conflitti consecutivi, la Prima e la Seconda guerra del Congo (dal 1996 al 2003), la Repubblica Democratica del Congo è rimasta in uno stato precario. La corruzione dilaga ancora oggi, cosa che ha fatto guadagnare al Paese la posizione 168 su 198 nell’indice di percezione della corruzione stilato dalla Transparency International. Il Congo inoltre, è uno degli Stati più ricchi di risorse naturali, e allo stesso tempo uno dei più poveri al mondo. Ribelli, milizie e signori della guerra affliggono vaste aree del Paese, e i bracconieri seminano il caos. Ma ci sono ancora numerose figure eroiche che si battono per il futuro del Congo, fra cui i membri dell’Institut Congolais pour la conservation de la nature (ICCN). Queste ecoguardie, lottano ogni giorno per proteggere le risorse naturali da minacce ben peggiori dei bracconieri. Altre nazioni, in particolare di recente la Cina, hanno cercato di depredare questo Paese sull’orlo del baratro, preludendo ad una nuova era di colonialismo che minaccia di essere brutale e devastante come quelle dei tempi di William Sheppard.
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