Gli stili di combattimento occidentale, si basano sull’ipotetica superiorità fisica nei confronti dell’avversario, sulla relativa velocità di apprendimento delle tecniche e sulla combinazione di attacchi in funzione dei successivi.

In oriente però, le cose prendono tutta un’altra piega.

La superiorità fisica non è più la chiave della vittoria, il combattimento è pensato sull’applicazione del letale “colpo singolo”, una tecnica micidiale che varia a seconda delle discipline, una tecnica che per essere raggiunta necessita di un vero e proprio percorso filosofico che spesso dura tutta la vita.

Negli stili orientali ad essere presa in considerazione non è più la forza muscolare, ma un energia vitale che prende il nome di CHI.

E’ proprio nella forza del CHI, il fuoco interiore, che risiede la vittoria non sull’avversario ma sulla vita stessa.

Con l’utilizzo del CHI si abbandona la razionalità di un pugno in faccia e si raggiunge un livello di combattimento oltre il piano fisico, impensabile su un ring occidentale.

Entriamo in un campo mistico, nel quale si confondono le incredibili conoscenze mediche cinesi, e la spiritualità Zen.

Tutti conoscono i benefici dell’Agopuntura e del Tai Chi, pratiche con effetti salutari, ora molto praticate anche in occidente.

Dall’Agopuntura cinese nasce uno stile di combattimento chiamato Tien Hsueh: le leggende narrano che i Maestri di quest’arte siano in grado di paralizzare o uccidere l’avversario semplicemente toccandolo, un colpo precisissimo, portato con la punta delle dita in un particolare punto del corpo, una zona in cui confluiscono le energie del CHI o più semplicemente, un punto in cui i nervi sono più esposti o i muscoli si intersecano.

Chiaramente non è sufficiente studiarsi le tabelle dei punti vitali, poiché secondo il Tien Hsueh questi punti variano a seconda dell’ora del giorno o della posizione lunare.

Ancora più incredibili sono quelle tecniche che non prevedono nessun contatto fisico; sono colpi mistici, portati direttamente con l’energia del CHI, che basandosi sul TAO, può essere negativa o positiva, cioè può arrecare danni gravissimi come guarire.

Il più famoso tra i colpi mistici è il DIM MAK, il tocco della morte, basato sulla negativa possenza del CHI Nero.

Ponendo la mano si scarica la propria energia contro il nemico, anche attraverso oggetti o diramandola nel suolo; la conseguenza è la morte dello spirito dell’avversario, alla quale, a distanza di giorni, succederà la morte fisica per malattia o per cause inspiegabili.

Si dice che Bruce Lee sarebbe una delle vittime più illustri del famigerato Dim Mak, conosciuto anche come colpo della mano vibrante.

Altrettanto interessanti sono le forme di combattimento “morbide”: il TAI CHI CHUAN, il PAQUA, l’HISING I e il CHOI LI FUT, si basano sulla rilassatezza e sulla fluidità, pugni rilassati, muscoli non in tensione, un potere mite slegato dal binomio forza contro forza.

Per acquisire totalmente queste forme di combattimento servono almeno quindici anni di studio, al termine dei quali si è padroni, tra l’altro, di una tecnica definita il Palmo di Buddha, un colpo a mano aperta dato con la massima rilassatezza del corpo, in grado di demolire un muro.

Il segreto della tecnica è di nuovo basato sullo sviluppo del CHI, affiancato ad un allenamento muscolare basato sulla ginnastica passiva.

In poche parole i Maestri di CHOI LI FUT sono allenati sia dal lato fisico che da quello spirituale: forte il corpo, altrettanto forte è la mente.

Colpi come il FA JING, apparentemente portati senza nessun tipo di sforzo o impegno muscolare, sono in grado di lanciare l’avversario con improvvisa e letale potenza. Non solo, ma controllando l’essenza del CHI, si può decidere se usare il CHI negativo, arrecando danni, o il CHI positivo, spingendo via l’avversario e basta.

Ovviamente per imparare simili tecniche, e raggiungere il massimo grado nelle arti marziali orientali, bisogna diventare monaci.

Vicino al confine tra Cina e Mongolia sorge il leggendario Monastero di Shaolin, il sogno di ogni cultore di arti marziali, 1500 anni di storia, abitato da 60 monaci guerrieri illuminati dallo Zen e dalla pratica del Kung fu.

Preghiere ed esercizi, la vita all’interno del Monastero di Shaolin si ripete ininterrottamente dal 495 d.C., anno in cui il mitico Bodhidharma fondò il tempio.

Il Kung Fu di Shaolin applica le forme di combattimento più complesse, basate sulle movenze degli animali.

I principali sono il Falco, il Drago, la Scimmia, la Gru, e la Tigre. A seconda delle caratteristiche dei cinque animali variano gli stili, le modalità di attacco, e le posizioni delle mani; facile riconoscere gli Artigli della Tigre o il Becco della Gru, colpi complessi ed elaborati.

Ma ancora più incredibili sono le forme avanzate del Kung Fu di Shaolin, varianti come la Mantide o l’Orso, posizioni così particolari da rendere difficile ogni tipo di difesa.

L’allenamento quotidiano dei monaci Shaolin è al limite delle possibilità fisiche umane; verticali sulla testa, monaci appesi per il collo in meditazione, combattimenti su pali del diametro di venti centimetri con i monaci che saltano da un palo all’altro con la stessa agilità con cui si muoverebbero sul suolo.

L’eccezionalità di vedere il giovane Bruce Lee fare flessioni sulle dita è all’ordine del giorno all’interno delle mura di Shaolin, uno degli ultimi luoghi al mondo in cui è possibile assistere con i propri occhi fino a che punto può spingersi la perfezione di una tecnica di lotta dalla storia millenaria.

Le reali capacità acquisite nel corso degli anni creano uno stato di coscienza talmente alto che rifiuta ogni tipo di combattimento dimostrativo e sui ring in cui si svolgono i terribili tornei di arti marziali miste non si vedranno mai all’opera autentici monaci Shaolin.

L’evitare il combattimento è la forma più alta di difesa.

Ecco perché è difficile dimostrare sul piano reale la potenza del CHI o l’eleganza delle forme Shaolin; sui ring dei tornei occidentali salgono campioni che sono delle autentiche macchine mortali, in questo caso è il muscolo a vincere, e l’avversario viene massacrato con assoluta determinazione e praticità.

Nessun monaco Shaolin e nessun maestro di tecniche leggendarie orientali salirà mai su uno di quei ring, e così facendo, non solo porta avanti la leggenda, ma vince in partenza non combattendo affatto.

 

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