L’alchimia è spesso conosciuta dai più come la progenitrice della moderna chimica, ma a differenza di questa non è mai stata una scienza esatta ed il suo cammino è stato lungo e difficoltoso; infatti se è riuscita a sopravvivere fino ai giorni nostri lo si deve a quella miscela di esoterismo, occultismo e leggenda che l’ha sempre caratterizzata.

L’origine del termine alchimia è assai incerto: alcuni ritengono che provenga dal greco kumos con il prefisso arabo al e significa l’arte di estrarre succhi, mentre altri pensano all’arabo al-kimya nome del misterioso agente trasformatore usato dagli alchimisti.

Sia come sia, l’alchimia nasce probabilmente nell’antico Egitto per diffondersi poi rapidamente presso i greci e gli arabi.

Scopo principale è la ricerca della mitica Pietra Filosofale, un solido che riuscirebbe a trasmutare i metalli vili in nobili (piombo in oro ad esempio) e l’elisir di lunga vita, fluido dalle prodigiose qualità curatrici.

L’idea scientifica di base è alquanto semplice ed illusoria; tutta la materia, organica e non, deve avere un origine o una sostanza primaria comune (materia prima).

L’elemento base di tutto, di volta in volta identificato dai filosofi greci con l’aria, la terra, il fuoco o l’acqua, è capace di trasformarsi in qualsiasi sostanza conosciuta a seconda delle influenze esterne.

E’ quindi logico cercare di isolare quell’agente trasformatore che permetterebbe di mutare un solido in un altro o di impedire definitivamente il decadimento della materia organica.

Poiché sono gli influssi degli astri o le invocazioni magiche a determinare il risultato finale, l’alchimista deve essere anche un ottimo astrologo e mago; inoltre le ricette tramandate di generazione in generazione non devono essere comprese da tutti e vengono scritte in codici incomprensibili di cui spesso si è persa la chiave.

In questo modo non viene mai messa in discussione la validità del metodo e gli eventuali fallimenti sono dovuti piuttosto all’incapacità dell’alchimista di comprendere la successione dei procedimenti.

A complicare ancor di più il tutto c’è da rilevare l’uso di simboli che l’alchimista deve interpretare e solo chi si è sottoposto ad un cammino iniziatico completo può comprendere la vera essenza delle cose e delle parole, e agire nel giusto modo.

Rimane il fatto che l’obiettivo ultimo è così affascinante che non c’è fallimento che possa dissuadere: la possibilità di ottenere l’immortalità e la facoltà di creare oro e argento quasi dal nulla valgono bene una vita di derisioni.

Perseguitati sia durante l’impero romano (la possibilità di creare oro a volontà terrorizzò gli imperatori da Tiberio in poi) che nel Medioevo dalla Chiesa (quando c’è in ballo la magia il diavolo non può essere troppo lontano), gli alchimisti divennero figure leggendarie solo in seguito e dal 500 non c’è periodo storico che non abbia un qualche misterioso individuo perennemente giovane e dotato di infinite ricchezze che appare e scompare nei vari stati d’Europa.

Infatti è solo con Paracelso che comincia a dividersi il cammino dell’alchimia e della chimica, cioè la ricerca di sostanze medicinali e curative, piuttosto che l’effimera “caccia all’oro”.

Chiamata anche Regia Arte per la sua ricerca dell’elemento più regale che ci sia (l’oro), l’alchimia si lega sempre più all’esoterismo come dimostra la mitica figura di John Dee.

Da semplice uomo di cultura del 500, l’inglese Dee si trasforma in un alchimista a seguito del suo incontro con l’occultista Cornelio Agrippa.

Cosa fosse riuscito ad ottenere con le sue formule ed alambicchi non è dato sapere, ma Dee in qualche modo doveva aver convinto della sua abilità Enrico VIII che gli concesse un vitalizio.

Celebre comunque la sua sfera di cristallo, attualmente conservata al British Museum, con cui si diceva evocasse l’angelo Uriel.

Caduto sotto la nefasta influenza del necromante Edward Kelly che aveva bisogno di un alchimista che gli decifrasse dei manuali per l’utilizzo di una pietra filosofale di cui si era impossessato, Dee vagò insieme al suo compare per tutta l’Europa compiendone di cotte e di crude.

Certamente qualcosa funzionava se è vero che delle loro trasmutazioni di piombo in oro rimangono testimonianze, ma questo attirò l’attenzione di nobili e potenti.

Tra truffe e raggiri ai danni di ricchi creduloni, forse mirarono troppo in alto quando convinsero l’imperatore Massimiliano II della loro abilità.

Questi fece imprigionare Kelly nella speranza di farsi svelare il segreto ma, ovviamente, non ne ottenne nulla.

Dee solo e demoralizzato, se ne torna in Inghilterra, a Mortlake, dove nel 1608 salta in aria con tutta la casa.

Niente di più facile che abbia perso il controllo di qualche esperimento, ma la leggenda vuole che a prendersi la sua anima dannata fosse venuto il diavolo in persona, o qualcuna delle demoniache entità che si diceva evocasse.

Il 1600 è il secolo di Ireneo Filalete che con il suo Ingresso aperto al palazzo chiuso del Re fece opera di proselitismo fino in America.

Ovviamente non si sa chi fosse, ma pare avesse una polvere di proiezione (della pietra filosofale polverizzata che molti associano a pirite) così potente da trasmutare in oro qualsiasi metallo con un semplice grano.

Non solo, questo oro ermetico, unito a mercurio, produceva altre sostanze da cui derivare nuovo oro.

Il fine ultimo di Filalete però, non era la ricchezza, ed infatti spesso regalava il prodotto dei suoi esperimenti, ma il bene dell’alchimia; tra gli scienziati “convertiti” alcuni sono al di sopra di ogni sospetto, come Robert Boyle, Isaac Newton e Van Helmont.

Ma adesso abbandoniamo gli alchimisti passati e concentriamoci su periodi più recenti e quindi su Fulcanelli, il maggior esponente dell’alchimia contemporanea.

Tanto per cambiare le uniche notizie sulla sua identità sono di seconda mano e ad opera di due suoi seguaci, Canseliet e Champagne.

Questi appassionati di esoterismo, negli anni venti avevano sparso la voce dell’esistenza di un ricco e colto alchimista di veneranda età prossimo a realizzare la grande opera.

Nel 1926, uscì il Mistero delle Cattedrali, in cui l’autore, Fulcanelli appunto,interpretava il simbolismo di alcune chiese gotiche in funzione alchemica.

Canseliet inoltre, affermò di aver avuto dal maestro della polvere di proiezione perfettamente funzionante, ma che dal primo incontro Fulcanelli sembrava ringiovanito, anzi conosciuto come un ottantenne ora non mostrava più di cinquant’anni.

Il frate Albertus Spagyricus (al secolo Albert Riedel) ammise di aver assistito alla trasmutazione da parte di Fulcanelli di 200 grammi di piombo in oro nel castello di Léré nei pressi di Bourges; siamo nel 37 e fino al 54 non si sa più nulla.

Risale infatti a quell’anno l’incontro di Fulcanelli con Canceliet, in un castello nascosto nelle montagne vicino a Siviglia, sede di una comunità di alchimisti: il maestro aveva raggiunto quello stato androgino che si suppone sopravvenga per chi ha preso l’elisir di lunga vita.

E’ proprio questo lo stato finale perfetto, un essere metà uomo, metà donna che corrisponderebbe allo stato di beatitudine dei santi cristiani.

Esempio ne è la statua della Prudenza collocata sulla tomba di Francesco II nella cattedrale di Nantes.

Il simbolismo rivelato da Fulcanelli è illuminante; una ragazza coperta da un lungo mantello (che rappresenta la filosofia) si guarda in uno specchio convesso che tiene nella sinistra, mentre nella destra ha un compasso (cioè i principi alchemici di analisi e sintesi).

La sua testa è bifronte e vi trova spazio il viso di un vecchio pensoso.

In definitiva è la Natura con i suoi aspetti esteriori ed occulti, e per conoscere gli ultimi bisogna sollevare il velo della conoscenza.

La sintesi uomo-donna è presente in ogni religione, in quanto simbolo di unione ed armonia (fusione di opposti), ma per gli alchimisti rappresenta la chiave risolutrice dei molti loro enigmi.

 

Foto statua della Prudenza di Florestan  sotto licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported