Spesso solo il pregiudizio ci impedisce di renderci conto della vastità enorme del continente africano.

Con una superficie di oltre trenta milioni di chilometri quadrati, è grande pressappoco quanto l’Europa e l’America settentrionale messe assieme. E’ quasi il doppio del Sud America. E come delle sue dimensioni, abbiamo un’idea sbagliata della sua vera natura: il Continente nero è in massima parte deserti infuocati e sconfinate pianure erbose.

Di fatto, l’Africa è chiamata continente nero per una sola ragione: le vaste foreste pluviali equatoriali delle sue regioni centrali.

E’ questo il bacino idrografico del fiume Congo, che occupa un decimo del continente, circa quattro milioni di chilometri quadrati di foresta silenziosa, umida e buia. Questa antichissima foresta esiste, immutata e intaccata, da oltre sessanta milioni di anni.

Ancora oggi il bacino del Congo conta soltanto mezzo milione di abitanti, in massima parte raggruppati nei villaggi sulle rive dei lenti fiumi melmosi che scorrono nella giungla. La grande distesa della foresta rimane inviolata, e a tutt’oggi migliaia di chilometri quadrati sono ancora da esplorare.

Questo vale soprattutto per la regione nordorientale del bacino del Congo, dove la foresta pluviale incontra la catena dei vulcani Virunga al limite della Great Rift Valley.

Non esistendo né solide piste commerciali, né irresistibili motivi d’interesse, la regione dei Virunga non venne mai vista da occhi occidentali sino a meno di cento anni or sono.

Due sono le spedizioni importanti avvenute in quest’area del Congo; quella americana del 1979, e quella effettuata appena un secolo prima (1874-77) da Henry Morton Stanley (di cui tra l’altro abbiamo già parlato nel post Henry Morton Stanley e David Livingstone ).

Un confronto fra le due spedizioni rivela quanto sia cambiato (e non cambiato) il carattere delle esplorazioni in Africa nei cento anni trascorsi.

Stanley è soprattutto noto come il giornalista che ritrovò Livingstone nel 1871, ma in realtà è importante per le sue imprese successive.

Stanley era un esploratore-affarista, non andò in Africa a convertire la popolazione o a costruire un impero, né fu mosso da un interesse reale per scienze come l’antropologia, la geologia o la botanica. Per parlare senza mezzi termini, ci andò per farsi un nome.

Quando nel 1874 partì per Zanzibar, Stanley era ancora generosamente finanziato dai giornali. E quando, novecentonovantanove giorni più tardi, ricomparve sulla costa atlantica della giungla, dopo aver patito incredibili privazioni e aver perso oltre i due terzi dei membri originari della spedizione, sia lui sia i suoi giornali poterono raccontare una delle grandi storie del secolo: Stanley aveva infatti percorso il Congo in tutta la sua lunghezza.

Due anni dopo però, tornò in Africa in condizioni assai differenti.

Viaggiò sotto falso nome e compì manovre di diversione per seminare chi lo spiava. Quei pochi che sapevano che si trovava in Africa potevano solo sospettare che avesse in mente qualche grande progetto commerciale.

In realtà Stanley era finanziato da Leopoldo II del Belgio, che intendeva acquisire personalmente una bella fetta d’Africa.

Non voleva delle semplici colonie belghe, il re voleva creare un nuovo grande stato e gestirlo.

Questo incredibile progetto fu realizzato, e questo ci porta a capire che l’esplorazione dell’Africa era ormai dominata da interessi commerciali.

E’ stato sempre così.

La spedizione americana del 1979 invece, fu condotta con la massima segretezza, e dando molto peso al fattore rapidità.

Ma quale fu la differenza con la spedizione di Stanley?

Tanto per cominciare la spedizione americana presentava la giusta combinazione tra elementi romantici e realistiche preoccupazioni pratiche.

Ma la differenza più sbalorditiva è che quando nel 1875 Stanley passò accanto ai Virunga, per arrivarci ci aveva messo quasi un anno; gli americani invece organizzarono la spedizione e arrivarono in questa zona della giungla in poco più di una settimana.

Stanley che viaggiava con un piccolo esercito di tre o quattrocento persone, sarebbe rimasto esterrefatto da una spedizione che ne comprendeva soltanto dodici, tra cui uno scimmione.

I territori attraversati un secolo dopo dagli americani erano divenuti stati politicamente autonomi, anche se instabili; il Congo ora si chiamava Zaire, e Zaire era anche il fiume. Anzi nel 1979, la parola Congo denotava tecnicamente soltanto il bacino idrografico dello Zaire, anche se era ancora usata negli ambienti geologici perché da tempo familiare e per le sue connotazioni romantiche.

Le somiglianze tra le due spedizioni però, erano assai più rilevanti delle differenze.

Anche gli americani persero i due terzi della spedizione e riemersero dalla giungla disperati come gli uomini di Stanley un secolo prima.

E come Stanley tornarono con storie incredibili di cannibali e di pigmei, di civiltà sepolte nella foresta, e di favolose miniere perdute.

 

Foto deserto del Sahara di Fiontain sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

Foto prateria del madagascar di Bernard Gagnon sotto licenza  GNU Free Documentation License

Foto foresta pluviale equatoriale di Normand Roy sotto licenza Creative Commons Attribution 2.5 Generic

Foto foresta dei Virunga di  Rweinkove sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported