Poco prima delle nove di una splendente mattina d’autunno, l’11 settembre del 2001, un bimotore dell’American Airlines partito da Boston e diretto a Los Angeles, denominato American Airlines 11, virò improvvisamente sopra il cielo di Manhattan e andò a schiantarsi contro la torre nord del World Trade Center.

Era stato dirottato in volo da cinque arabi al servizio del gruppo terrorista al-Qaeda.

L’uomo al comando era un egiziano, fiancheggiato da quattro sauditi che, armati di grossi taglierini, avevano neutralizzato il personale di bordo spingendolo all’interno della cabina di pilotaggio.

Alcuni minuti più tardi, un altro volo di linea, che volava decisamente troppo basso, comparve sopra New York.

Era lo United Airlines 175, partito anch’esso da Boston e diretto a Los Angeles, e dirottato alla stessa maniera del primo da altri cinque terroristi di al-Qaeda.

L’America, e nel giro di pochi istanti il mondo intero, assistettero increduli a quello che all’inizio era stato ritenuto un tragico incidente, ma che poi si rivelò tutt’altro.

Il secondo Boeing 767 si lanciò deliberatamente contro la torre sud del World Trade Center.

Entrambi i grattacieli subirono danni irreversibili nella sezione centrale.

Alimentati dal carburante dei serbatoi pieni degli aerei, si svilupparono dei furiosi incendi che cominciarono a fondere le travi di acciaio che stabilizzavano gli edifici.

Un minuto prima delle dieci la torre sud crollò in una montagna di macerie incandescenti, seguita mezz’ora dopo da quella nord.

Alle 9:37 il volo 77 dell’America Airlines, partito dal Dulles International Airport di Washington in direzione di Los Angeles con il pieno di carburante, si lanciò in picchiata sul Pentagono dal lato del fiume Potomac che affaccia sulla Virginia.

Anche quello era stato dirottato da cinque arabi.

Un quarto aereo di linea, lo United Airlines 93, decollato da New York alla volta di San Francisco, preso in ostaggio in volo come gli altri, fu riconquistato da passeggeri che si ribellarono, purtroppo troppo tardi per uscirne vivi: con i suoi fanatici dirottatori ancora ai comandi, il Boeing si lanciò in picchiata in un campo coltivato della Pennsylvania.

Quel giorno, oggi noto semplicemente come 11 settembre, prima che il tramonto calasse avevano perso la vita all’incirca tremila persone, di origini americane ma anche di altre nazionalità.

Tra di loro c’erano gli equipaggi e i passeggeri dei quattro aerei, quasi tutti i presenti nelle due torri del World Trade Center e i 125 morti del Pentagono. Più ovviamente i terroristi.

Quegli avvenimenti lasciarono gli Stati Uniti non solo senza parole, ma letteralmente traumatizzati.

Quando il paese viene colpito così duramente, il governo americano in genere fa due mosse: si vendica e spende denaro.

Così negli otto anni di presidenza di George W. Bush e nei primi quattro di quella di Barack Obama, gli Stati Uniti dilapidarono mille miliardi di dollari per costruire il più grande, il più farraginoso, il più ridondante e, con buona probabilità, il più inefficiente sistema di sicurezza nazionale che il mondo abbia mai visto.

Se le nove agenzie di intelligence interna e le sette agenzie straniere avessero fatto il loro lavoro nel 2001, l’11 settembre non sarebbe mai avvenuto.

C’erano stati segnali, indizi, rapporti, soffiate, indicazioni e anomalie: tutti rilevati, segnalati, archiviati e…ignorati.

Dopo quella data ci fu un’esplosione di investimenti a dir poco impressionante.

Bisognava fare qualcosa, qualcosa che gli americani potessero vedere, e così fu.

Vennero create un’enormità di nuove agenzie con funzioni che replicavano e rispecchiavano l’operato di quelle già esistenti.

Sorsero migliaia di grattacieli, intere città di grattacieli, per lo più di proprietà di imprese private, impazienti di mettere le mani su quell’enorme quantità di denaro, alle quali fu appaltata anche la gestione.

La spesa pubblica associata a quell’unica, epidemica parola, “sicurezza”, esplose come un ordigno nucleare, il tutto finanziato senza alcuna lamentela dagli ingenui, fiduciosi e sprovveduti contribuenti americani.

Quell’incremento di attività generò un aumento dei rapporti, sia cartacei che online, talmente importante che solo un dieci per cento di essi è stato effettivamente letto.

Mancava il tempo e nonostante l’enorme numero di dipendenti, anche il personale necessario ad affrontare una tale massa di informazioni.

In quegli anni inoltre, era accaduto anche qualcos’altro: i computer e i loro archivi (le cosiddette banche dati) erano diventati i padroni del mondo.

Un tempo, i documenti erano redatti e archiviati su carta.

Occorreva molto tempo e una certa disponibilità di spazio, ma poi copiare, spostare o rubare da quegli archivi segreti (in altre parole l’attività di spionaggio), era davvero difficile, e la quantità di documenti che si poteva sottrarre da un luogo era comunque modesta.

Durante la Guerra fredda, le spie potevano prelevare non più dei documenti che riuscivano a nascondersi addosso.

Esistevano già i microfilm, che permettevano di duplicarne fino a un centinaio su un piccolo supporto, ma il computer rivoluzionò tutto.

Basta pensare al defezionista Edward Snowden, che fuggì a Mosca portando con sé più di un milione e mezzo di rapporti su una chiavetta abbastanza piccola da poter essere inserita nell’ano prima dei controlli alla frontiera.

“Ai vecchi tempi”, ci sarebbe voluta una colonna di camion, e una colonna di camion che esce da un cancello difficilmente passa inosservata.

Così, quando il computer ha preso il posto dell’uomo, gli archivi contenenti migliaia di miliardi di informazioni segrete hanno cominciato a essere conservati sui database.

A mano a mano che quella misteriosa dimensione chiamata cyberspazio diventava più complessa, anche il crimine organizzato cambiava con la stessa rapidità, passando dal taccheggio all’appropriazione indebita di fondi, fino alle odierne truffe informatiche che consentono il furto di enormi cifre di denaro come mai era accaduto prima nella storia della finanza.

Il mondo moderno ha generato il concetto di “ricchezze nascoste” gestite dai computer, ma ha anche dato origine agli hacker, i ladri del cyberspazio.

Alcuni di questi però, non rubano capitali, ma segreti.

Ogni giorno si verificano in tutto il mondo migliaia di attacchi informatici.

La stragrande maggioranza consiste in tentativi di introdursi nei conti bancari di onesti cittadini che hanno depositato i loro risparmi dove credevano che sarebbero stati al sicuro.

Se gli attacchi hanno successo, il truffatore può fingere di essere il titolare del conto e dare istruzioni alla banca perché trasferisca i fondi altrove, a centinaia di chilometri di distanza, spesso in paesi remoti.

Ogni banca, ogni istituto finanziario, oggi deve quindi erigere protezioni intorno ai conti dei clienti, solitamente sotto forma di codici identificativi personali che l’hacker non può conoscere e senza i quali il software della banca non può autorizzare il trasferimento di neppure un centesimo.

Questo è il prezzo che i paesi sviluppati devono pagare per la loro totale dipendenza dai computer, ed è diventato una caratteristica irreversibile della vita moderna.

E’ un processo estremamente faticoso, ma sempre meglio che farsi derubare.

Altri attacchi informatici sono tentativi di sabotaggio che hanno il solo scopo di arrecare danno.

A un computer violato si può ordinare di causare il caos nel sistema per provocare un collasso funzionale.

Solitamente questo risultato viene ottenuto inserendo istruzioni chiamate malware o cavalli di Troia.

Come nei casi precedenti, intorno al computer devono essere erette elaborate difese sotto forma di firewall per ostacolare gli hacker e mantenere il sistema al riparo da aggressioni.

Alcune strutture sono così segrete e così importanti che dalla loro capacità di resistere ad attacchi cibernetici dipende la sicurezza di intere nazioni.

I firewall sono estremamente complessi: i loro codici di accesso utilizzano non solo un’accozzaglia di numeri e lettere ma anche geroglifici e simboli che, se non inseriti nel giusto ordine, impediscono l’ingresso a tutti eccetto gli operatori in possesso delle sequenze esatte.

Nell’era dei computer i reati finanziari e gli attacchi informatici sono una pandemia e nessuno può aspettarsi di esserne immune.

Riuscire  a mantenere segreto qualcosa oggi è un’impresa non da poco; sembra sia solo questione di tempo e poi, presto o tardi si saprà.

Forse proprio per questo esiste il vecchio adagio:

 

Se vuoi mantenere segreta una cosa che sapete in tre, spara agli altri due

 

Foto Torri gemelle in fiamme sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

 

Foto Cybersecurity di jaydeep sotto licenza  Creative Commons Zero