In un vecchio post abbiamo già parlato di oracoli, facendo riferimento principalmente all’antica Grecia (lascio di seguito il link in descrizione per chi volesse rileggerlo Oracolo di Delfi).

Pochi sanno però, che esisteva un oracolo anche qui in Italia, e precisamente a Cuma.

Cuma sorge all’estremità nord occidentale del Golfo di Napoli, dominando dall’alto un ampio pianoro di origine vulcanica.

Qui i coloni greci insediatisi nell’VIII secolo a.C., costruirono l’acropoli, la quale venne innalzata in maniera tale da poter essere difesa da tutti e quattro i lati.

I suoi fianchi sono infatti custoditi dal mare, dai monti, dai laghi e dai boschi.

Sull’acropoli di Cuma si apre una grotta dalla quale si può accedere ad una galleria lunga 183 metri, con pozzi di luce e cisterne d’acqua. Questo tunnel, scoperto negli anni venti, venne realizzato dal 63 al 12 a.C. circa, ad opera di un generale romano di nome Agrippa; ma esso non ha nulla a che fare con la profetica grotta.

Il vero cunicolo, l’antro che metteva in comunicazione i pellegrini con la veggente, fu invece rinvenuto nel 1932, quando gli archeologi trovarono l’unica vera entrata per l’oracolo.

Ad essa si accede percorrendo una galleria, un Dromos lungo ben 131,5 metri ed alto 5 a sezione trapezoidale.

I dodici brevi passaggi che si aprono sui fianchi del colle invece, permettono che la luce filtri verso l’interno.

Terminato il percorso, due sedili scavati nella roccia fungono da ingresso per una camera a volta.

Da tali seggi è quindi ovvio presumere che coloro i quali interpellavano la Sibilla per trarne responsi attendevano seduti il loro turno, mentre la Pizia, nascosta dalla porta che in origine separava il vestibolo dal tempio interno, comunicava i suoi vaticini a coloro i quali la interpellavano.

I resti delle mura che contornavano la città sono ancora visibili dal crinale, proprio nel luogo dove sorgeva il tempio di Giove, il quale era un punto di riferimento per i marinai che battevano le coste con le loro navi. Le rovine comunque sono ben lontane dall’essere quelle originali, in quanto ora appartengono ad un edificio del V secolo a.C. che venne fatto ricostruire da Augusto; edificio che fu poi a sua volta riconvertito in chiesa cristiana.

In tutti i paesi del mondo si può trovare la tradizionale immagine di qualcuno che sia stato in grado di predire il futuro; e fin qui nulla di nuovo.

Ma per la Sibilla Cumana le cose cambiano in maniera ragguardevole. Non esiste profetessa dell’antichità infatti, che fosse stata onorata più della Cumana.

In maniera simile alla greca Pizia del Tempio di Delfi, la Cumana per giungere ad uno stato alterato di coscienza, masticava foglie di alloro, oppure, seduta sul suo tripode posto accanto ad una spaccatura del terreno, aspirava le intossicanti emanazioni vulcaniche che ne fuoriuscivano.

Cuma infatti, proprio come Delfi, sorge in un’area di attività vulcanica, i Campi Flegrei ad ovest di Napoli, i quali venivano sfruttati dalle classi nobili romane per beneficiare delle acque termali.

Il mito della Sibilla ci viene tramandato dai poeti greci, che la legano in maniera indissolubile al culto di Apollo.

Essi fanno risalire le origini della Cumea all’inesplorato Oriente, una terra che per molti aspetti veniva definita occulta e misteriosa.

Ad ogni modo la leggenda vuole che la Sibilla era così bella e radiosa da far innamorare il dio Apollo, il quale, pur di divenirne l’amante, le promise di esaudire qualunque suo desiderio.

La giovane quindi, chiese ad Apollo di poter vivere tanti anni quanti fossero i granelli contenuti in una manciata di polvere.

I granelli vennero in seguito contati e risultarono essere in numero di mille.

Purtroppo però, la Sibilla dimenticò di chiedere per quest’arco di tempo anche la perpetua giovinezza, cosicché, con il trascorrere degli anni, la sua bellezza sfiorì.

Quella che un tempo era stata la bella tra le belle, l’amante di Apollo, vide giorno per giorno il suo corpo diventare sempre più vecchio e raggrinzito, tanto da poter entrare in una bottiglia.

Un giorno, continua la leggenda, alcuni bambini la scorsero all’interno di questa bottiglia appesa nell’antro di Cuma e gli chiesero che cosa desiderasse. L’infelice donna, guardandoli con occhi ormai spenti, rispose loro soltanto due parole: “Voglio morire”.

Il mito della vecchiaia attribuito dai poeti greci alla Cumea, è sicuramente imputabile al fatto che l’oracolo continuò a comunicare i propri vaticini per un tempo molto lungo.

Sempre secondo la leggenda, gli oracoli della Cumea furono raccolti in nove profetici libri, che furono in parte posseduti dall’ultimo dei sette re di Roma, cioè Tarquinio il Superbo.

La Sibilla infatti, offrì al re le sue scritture chiedendogli un alto compenso. Tarquinio respinse l’offerta e per tutta risposta la Sibilla Cumana ne diede alle fiamme tre, tornando a riproporgli lo scambio, senza comunque modificarne il valore.

Al nuovo rifiuto del sovrano, la Sibilla ne bruciò altri tre, prospettandogli di comprare i rimanenti sempre allo stesso prezzo.

Alla fine il re, amareggiato per la sua stupidità, si arrese alla messaggera di Apollo, acquistando solo gli ultimi tre libri profetici.

Questi furono in seguito conservati a Roma nel Tempio Capitolino, dove in caso di emergenza venivano consultati dal Senato.

I vari oracoli erano legati tra di loro dal medesimo modus operandi; le frasi delle profetesse di solito erano inintelligibili ed i responsi venivano spesso formulati anche per mezzo di versi poetici.

A ciò dovettero sopperire i sacerdoti dei templi, i quali avevano il compito di rielaborare i vaticini in maniera coerente ed in seguito trasmetterli ai pellegrini.

Certe volte comunque, l’oracolo era di una chiarezza ed una semplicità sorprendente.

Classico il chiaro auspicio che fu profetizzato a Delfi ad Alessandro Magno; la comunicazione diceva infatti: “Figlio mio, nessuno può resisterti”.

Indipendentemente dalle leggende però, rimane pressoché impossibile oggi sostare dinanzi all’entrata della grotta senza immaginare Enea, insieme ai suoi abili e valenti guerrieri che, in ginocchio, timorosi ed a capo chino, tremano dal terrore, mentre dal suo antro la Sibilla predice il futuro ai prodi, squarciando il segreto velo dell’arcano e disperdendo le tenebre di ciò che era loro ignoto.

 

Foto Acropoli di Cuma di  Ruthven sotto licenza  Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication

Foto Tempio di Giove di Mentnafunangann sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

Foto antro della Sibilla Cumana di Cimmino G sotto licenza  Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

Foto Via Sacra in evidenza di Mentnafunangann sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

Foto antro della Sibilla Cumana di Mentnafunangann sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported