Quello che vogliamo consigliarvi oggi, rispetto a tutte le letture prese in considerazione fino a questo momento, è un romanzo in un certo senso “minore”, di uno scrittore francese di romanzi popolari che si inventò una saga di successo pubblicata a puntate. Ci stiamo riferendo a La più grande avventura di Rocambole, di Ponson du Terrail, un autore distratto, frettoloso e generico, che divenne famosissimo con le pasticciate avventure di un ladro assassino (per alcuni versi potrebbe ricordare il ben più famoso e apprezzato Lupin), poi convertito ai buoni sentimenti.

La vena ispiratrice di Ponson du Terrail fu inesauribile: scrisse ben 80 romanzi d’avventura, si parla addirittura di duecentomila pagine in vent’anni, cioè diecimila all’anno. Vero e proprio “forzato della penna” dunque, Ponson du Terrail scriveva righe e righe senza rileggere, facendo rivivere personaggi uccisi il giorno prima, mescolando i luoghi, le date e le identità, cadendo con maggiore facilità nel comico involontario, inevitabile pedaggio del suo ritmo di scrittura infernale. In Rocambole, l’opera che lo rese celebre, Ponson du Terrail era costretto a giostrarsi in continuazione tra colpi di scena e capovolgimenti di situazioni, tanto che a volte non si ricordava più di aver fatto morire un determinato personaggio e lo “resuscitava” nei capitoli seguenti.

D’altra parte, sono proprio queste diavolerie che hanno fatto salire alle stelle il successo di questi romanzi popolari, privi quasi del tutto di valore letterario ma inimitabili nel loro ritmo narrativo. Andando a cercare la parola rocambole sul dizionario francese, scopriremo che si tratta di una specie di aglio particolarmente piccante e dall’odore pungente.

Probabilmente Ponson du Terrail scelse questo nomignolo per il suo eroe proprio perché si trattava di un uomo penetrante e sfuggente. Le avventure di Rocambole, che videro la luce nel 1859, suscitarono fin dal loro primo apparire un grande entusiasmo fra i lettori. Tutti, uomini e donne, adulti e giovani, leggevano con grande interesse le peripezie dell’eroe di Ponson du Terrail, di quella straordinaria canaglia che con calma imperturbabile, con eleganza sopraffina, con le labbra atteggiate a perenne sorriso, sapeva cavarsela in ogni situazione e sfuggire così alla giustizia.

Rocambole in breve tempo divenne un personaggio vivo, caro a tutti. Come avrebbe potuto Ponson du Terrail far morire il suo personaggio? Così facendo avrebbe deluso migliaia e migliaia di lettori fedelissimi. Eppure un giorno commise una grave distrazione: diede la morte al suo eroe. Poche ore dopo aver consegnato il manoscritto in tipografia però, Ponson du Terrail, tormentato dal rimorso, uscì correndo di casa e si precipitò a cancellare, con un solo tratto di penna, tutta la parte finale del romanzo. Ne scrisse immediatamente un’altra in cui, seppur fortunosamente, Rocambole riusciva a salvarsi. Leggendo le pagine di Ponson du Terrail il divertimento è comunque assicurato, e a parte il ritmo straordinario delle avventure di Rocambole, ciò che stupisce è proprio l’impostazione dell’opera, in cui frasi senza senso e avvenimenti paradossali non sono infrequenti e contribuiscono a dare ancora più sapore alle peripezie…“rocambolesche” ( si, perché a questi romanzi dobbiamo ormai anche un modo di dire: rocambolesco, ossia un’audacia incredibilmente spericolata e avventurosa). Il nostro eroe, sul grande scenario della Parigi aristocratica compie travestimenti, seduce nobildonne, tenta la scalata al potere con imprese romanzesche.

Alla fine, ahimè, viene smascherato da una contessa dal passato turbinoso.

Ma si sa, nei racconti successivi risorge, pronto più che mai a ricominciare daccapo e, per fortuna, a trasformarsi da genio del male in genio del bene.