L’astrolabio, è un congegno utilizzato in passato da navigatori e astronomi per determinare il tempo e la posizione di una nave, e persino per identificare stelle e pianeti. I primi astrolabi erano molto semplici, per lo più dischi piatti, poi andarono via via evolvendosi, divenendo il principale strumento di navigazione per molti secoli, fino all’invenzione del sestante.

Un astrolabio è formato da diverse parti:

  • Un cerchio graduato, come un goniometro, chiamato “madre”, o dal latino, mater. La madre è scavata al centro per alloggiare le altre parti dello strumento.
  • un “braccio” rotante fissato al centro: l’alidada.
  • Una “lamina”, sottile disco alloggiato all’interno della madre su cui è incisa la proiezione di punti della sfera celeste a una determinata latitudine (la lamina si cambia a seconda della latitudine più prossima).
  • La “rete”, una struttura turnicante, a volte complessa e finemente decorata, che si sovrappone alla lamina e indica, tramite le punte (o “fiamme”), la posizione di particolari stelle “fisse” ben note. Il numero e le stelle scelte variano da modello a modello, solitamente sono presenti dalle 20 alle 30 “fiamme”. 

Nessuno sa chi ha inventato il primo astrolabio, uno strumento che come abbiamo già detto è in parte una mappa cosmica e in parte un computer analogico, capace di determinare la posizione di stelle e costellazioni, il sorgere e il tramontare del sole, e persino le rotte nautiche.

Molti ritengono che il primo astrolabio sia stato inventato in Grecia nel II secolo a.C., forse da Apollonio o Ipparco; in ogni caso si trattava di un modello grezzo.

Successivamente, gli astrolabi hanno raggiunto la perfezione in Medio Oriente, durante la cosiddetta epoca d’oro islamica. Anche questi esemplari naturalmente erano piatti, come tutti gli altri, generalmente dischi dorati muniti di lancette e quadranti e ricoperti d’iscrizioni.

Tutti gli astrolabi hanno avuto questo aspetto fino al IX secolo, quando è stato realizzato il primo modello sferico, probabilmente da al-Nayrizi, un matematico arabo. Tuttavia, ad oggi, è stato trovato uno solo di questi strumenti, ed è esposto all’History of Science Museum della Oxford University. Si tratta in questo caso di un globo di ottone ossidato con simboli, numeri arabi e costellazioni incisi sulla superficie, e circondato da lancette ricurve e fasce ricoperte di scritte.

Questo manufatto, risalente al XV secolo, è stato probabilmente realizzato in Siria. Inutile dire che l’unicità dell’oggetto, lo rende preziosissimo. I primi astrolabi piatti sono quindi molto diversi dai modelli sferici. Affinché un astrolabio piatto funzioni infatti, deve avere una latitudine fissa, impostata sulla posizione del suo autore. In soldoni, se vogliamo che un astrolabio piatto funzioni in Asia per esempio, deve essere costruito con quella latitudine fissa. Dopodiché funzionerà solo se rimane a quella latitudine. Se venisse portato in Europa invece, i suoi straordinari calcoli e tutte le sue indicazioni non sarebbero di nessuna utilità. I modelli sferici invece sono universali, ed è questo che li rende unici e rari. Tutto quello fin qui detto, ci porta ad affermare che in fin dei conti il mondo islamico andrebbe ringraziato non soltanto per i suoi numerosi contributi alla matematica e all’astronomia, ma anche alla navigazione; basti pensare ai dau e ai sambuchi, barche a vela arabe con una o più vele triangolari, concepiti non solo per effettuare traversate oceaniche, ma spesso anche per compiere missioni esplorative.

 

Foto astrolabio in evidenza di Ragesoss sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported2.5 Generic2.0 Generic and 1.0 Generic 

Foto astrolabio di Jacopo Koushan sotto licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Foto astrolabio sferico di Brian  sotto licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

Foto animazione coordinate geografiche e celesti su astrolabio di Polytechnic University of Milan  sotto licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International